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Internet: verso 'anti Google' europeo, ma per Qwant strada ancora in salita

04 novembre 2015 | 17.21
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(Foto Infophoto) - INFOPHOTO
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Tutto sembra convergere per l'espansione di Qwant, il motore di ricerca basato in Francia, lanciato nel 2013 e che ha raccolto anche il favore del gruppo tedesco Alex Springer che ha acquisito una partecipazione del 20% e recenti fondi per 25 milioni di euro arriverebbero dalla Bei nell'ambito di Horizon 2020. Ma la partita dell'anti Google europeo, in cui sembrerebbe inserirsi anche l'Italia, appare in salita. "Se il posizionamento politico di questa iniziativa è chiaro, non è altrettanto chiaro l’impatto che avrà sul mercato" afferma all'Adnkronos Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, tra i guru italiani della web economy.

La strategia di espansione europea di Qwant, spiega Perego, "si inserisce in uno scenario geo-politico che vede l’Europa tentare di porre freno al predominio nei mercati digitali delle grandi multinazionali statunitensi" che "infatti, sfruttando le reti a banda larga su cui gli operatori europei stanno investendo, detengono il predominio di diversi mercati digitali, come pubblicità, eCommerce o contenuti digitali e stanno giocando partite significative in nuovi mercati digitali come il mobile payment".

"Tra l’altro -prosegue- sfruttando le differenti politiche fiscali dei diversi Paesi europei a proprio vantaggio e con regole del gioco molto diverse tra player europei e statunitensi, ad esempio sulla gestione della privacy". Perego quindi osserva: "Sono contrario ad atteggiamenti comunitari 'persecutori', come sempre più sembrano, nei riguardi di Google e delle Ott in generale, ma sono fortemente favorevole all’approccio costruttivo di creare imprese europee in grado di confrontarsi sui differenti mercati con quelle statunitensi e cinesi".

E "se il posizionamento politico di questa iniziativa è chiaro, non altrettanto l’impatto che avrà sul mercato" perchè, indica Perego, "gli ostacoli da superare sono principalmente tre". Innanzitutto, avverte, "la capacità di diffondersi nel mercato: Google è diventato il motore di ricerca più utilizzato a discapito di diversi altri player che sono presenti nel mercato, come Yahoo!, Bing e altri, mentre alcune esperienze lanciate negli anni scorsi, ad esempio Volunia (motore di ricerca italiano ndr.), che sembravano promettenti si sono rivelate inconsistenti".

In secondo luogo, evidenzia, "c’è la complessità stessa della creazione di un algoritmo efficace, tutt'altro che banale". In ultimo, "non sono tanti i casi in cui imprese di diverse nazioni europee abbiano dimostrato una grande efficacia nella collaborazione su grandi progetti di sistema. Un esempio però c’è: l’AirBus". Inoltre, osserva ancora, "non va dimenticato che lo scenario di accesso alla rete da parte degli utenti sta cambiando, con un ruolo sempre più forte assunto, in particolare, dai social media e dalle Mobile App. Questo -valuta Perego- riduce, in parte, il ruolo centrale che il motore di ricerca aveva fino a qualche anno fa nell’accesso a internet".

E ulteriori interrogativi sono sollevati da Stefano Quintarelli di Scelta Civica, uno dei parlamentari più attenti alle politiche per l'innovazione. "Fare usare alle persone un motore di ricerca non è semplice" taglia corto. "Le persone -afferma Quintarelli- usano Google perchè dà risultati e c'è tutto un ecosistema intorno che porta lì, a Google". Il gigante di Mountain View, evidenzia Quintarelli, ha una galassia intorno, "ha tanti sistemi per gli investitori pubblicitari, offre sistemi mail, ha sistemi per analizzare l'andamento di una campagna pubblicitaria".

Insomma, ribadisce Quintarelli, "fare usare un motore di ricerca alla gente non è semplice" e poi "ci sono molti motori di ricerca nel mondo, in Cina, Russia, Corea". "Chi lo fa questo motore di ricerca europeo? Chi ci in veste? Governi, privati?" chiede il parlamentare di Sc. Ma soprattutto Stefano Quintarelli punta il dito sulle priorità europee: "Non servono motori di ricerca in Europa. Serve fare altro". "L'Europa ha un progetto importante che si chiama Industria 4.0 e che è mirato alla digitalizzazione della filiera produttiva e dunque -incalza Quintarelli- se i governi non vogliono fare corbellerie devono investire in Industria 4.0", il mega progetto Ue che mette insieme i sistemi Cyber-Fisical, l'Internet delle cose, l'Internet dei servizi, che punta insomma alla rivoluzione industriale digitale.

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