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Pensioni, alle donne 6 mila euro all'anno in meno degli uomini

04 gennaio 2016 | 10.40
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Meno pensionati ma con assegni leggermente più pesanti e che, soprattutto, per molte famiglie rappresentano l'unica fonte di reddito disponibile. E' il quadro che emerge dall'analisi diffusa dall'Istat che mostra come nel 2014 i pensionati fossero scesi a 16,3 milioni (-134 mila rispetto al 2013) con un reddito pensionistico lordo di 17 mila 040 euro (+400 euro circa sull’anno precedente). Ma questo dato nasconde in realtà una forte discrepanza dato che le donne - che sono il 52,9% - ricevono mediamente importi di circa 6 mila euro inferiori a quelli maschili.

L'Istat sottolinea come il cumulo di più trattamenti pensionistici sullo stesso beneficiario è meno frequente tra i pensionati di vecchiaia (cumula più trattamenti il 27,1%), mentre è molto più diffuso tra i pensionati superstiti (67,6%), in grande maggioranza donne (87%).

Nel 2013 le ritenute fiscali incidevano in media per il 17,7% risultato di una aliquota al 20,6% per i pensionati di vecchiaia e anzianità che però scende al 15,3% per quelli di reversibilità e non supera il 9,6% per i beneficiari di trattamenti d’invalidità ordinaria o indennitari. L'Istat segnala come il reddito medio pensionistico netto è stimato 13 mila 647 euro (circa 1.140 euro mensili); tenendo conto di tutti i trattamenti, la metà dei pensionati percepisce meno di 12 mila 532 euro (1.045 euro mensili).

Netta la discrepanza degli assegni legata al titolo di studio: per i titolari di assegni con un titolo pari alla laurea, il reddito lordo pensionistico (circa 2.490 euro mensili) è più che doppio di quello delle persone senza titolo di studio o con al più la licenza elementare (1.130 euro).

Nel 2013, tra i beneficiari, le pensioni di vecchiaia e anzianità rappresentavano la fonte principale di reddito (in media il 64% del loro reddito complessivo), seguite dai redditi da lavoro (16%); tra le pensionate, invece, l'Istat sottolinea come sul fronte dei redditi sia decisamente importante l’apporto delle pensioni di reversibilità (27,6%) e quello delle assistenziali è più elevato rispetto agli uomini (9,5%).

Tra i residenti nel Mezzogiorno è superiore alla media il contributo delle pensioni di reversibilità (14,1% contro 12,1% del Nord), d’invalidità (6,6% contro 2,5%) e delle assistenziali (13,4% contro 4,1%); più raro è invece il cumulo di redditi da lavoro con redditi pensionistici: tale combinazione rappresenta circa il 9,7% del reddito complessivo, contro il 13% del Centro e il 14,6% del Nord.

Significativo il dato relativo a famiglie in cui sono presenti pensionati: il loro numero è stimato dall'Istat in 12 milioni 400 mila: ma soprattutto per quasi i due terzi di queste (63,2%) i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile. Addirittura per un quarto di queste famiglie, ovvero il 26,5%, sono l’unica fonte di reddito. La stima del reddito netto medio di tali famiglie è di 28 mila 480 euro, circa 2 mila euro inferiore a quello delle famiglie senza pensionati (pari a 30.400 euro).

Tuttavia nel 2013 il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati è stimato essere più basso di quello delle altre famiglie (16% contro 22,1%), a indicare come, in molti casi, il reddito pensionistico possa mettere al riparo da situazioni di forte disagio economico. Comunque il rischio di povertà è elevato tra i pensionati che vivono soli (22,3%) o con i figli come genitori soli (17,2%). La situazione è più grave quando con il proprio reddito pensionistico il pensionato deve sostenere anche il peso di altri componenti adulti che non percepiscono redditi da lavoro: l'Istat stima che circa un terzo di tali famiglie (31,3%) è a rischio di povertà.

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