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Banche, Renzi: "L'Italia non è nell'occhio del ciclone, non siamo sfasciacarrozze dell'Ue"

12 febbraio 2016 | 09.00
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Matteo Renzi (Fotogramma)
Matteo Renzi (Fotogramma)

"Noi non siamo più l'epicentro della crisi. Ieri le banche francesi sono andate peggio di quelle italiane. L'Italia non è nell'occhio del ciclone". Lo ha detto a 'Radio Anch'Io' il premier Matteo Renzi parlando delle turbolenze sui mercati dei titoli bancari. "L'Italia - ha continuato il premier - ha messo a posto la casa, ha fatto i lavori di ristrutturazione e adesso non piove più dal tetto".

"L'unica banca cui sono vicino - ha spiegato Renzi, rispondendo sul fatto che la riforma delle Bcc varata nell'ultimo Cdm vada a favorire alcune banche toscane - è quella cui pago il mutuo ogni mese". "E' una ricostruzione distorta e strumentale di chi ritiene si debba parlare non delle cose concrete ma dei propri fantasmi", ha aggiunto Il premier.

E parlando del rapporto con l'Europa, Renzi ha sottolineato: "Lo 0,2 è solo un prefisso, perché ridurre tutto solo a questo? La mia operazione è diversa, si parla di questioni più grandi: un servizio civile europeo, una politica dell'immigrazione che non sia quella dello struzzo, un luogo in cui i giovani europei possano crescere".

"Noi - ha detto ancora - non siamo degli sfasciacarrozze. In Italia abbiamo persone che si accontentano di dire che l'Italia è il problema dell'Europa. Ma non è così, c'è un problema ma è internazionale". "Lo spread - ha poi spiegato Renzi - da quando siamo arrivati noi è più che dimezzato. Il merito non è solo delle riforme, ma anche della Bce e delle politiche europee. Noi vediamo solo le polemiche sull'Italia mentre la tensione è internazionale".

"L'Europa - ha continuato Renzi - negli ultimi anni non ha funzionato, noi faremo la nostra parte per metterla a posto. Per tanti anni dall'Italia c'è stato un atteggiamento culturale subalterno ed è sbagliato - ha aggiunto Renzi-. Gli altri Paesi non vanno in Europa a prendere la linea. Se in passato l'Italia è stata remissiva questo non vuol dire che ora una nuova generazione non debba fare diversamente".

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