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Alcoa, vertenza infinita: 4 anni tra speranze e delusioni

16 febbraio 2016 | 16.35
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Alcoa, vertenza infinita: 4 anni tra speranze e delusioni

Oltre 4 anni tra speranze e delusioni con un'unica certezza, lo stabilimento Alcoa di Portovesme che impiegava, compreso l'indotto, circa 1000 lavoratori, resta chiuso 'intrappolato' in una vertenza per la sua cessione dai tempi infiniti e al momento in grave stand by. Uno stop che consegna una produzione strategica come quella dell'alluminio nel Sulcis all'inattività con conseguenze pesanti su un territorio che già vede una disoccupazione giovanile al 70% e una dura deindustrializzazione.

E' il gennaio del 2012 quando Alcoa formalizza al governo la volontà chiudere lo stabilimento di Portovesme e avvia la fase di scouting sui possibili acquirenti. Il nodo del costo dell'energia, che scandirà tutta la storia di questa vertenza, è però ancora da risolvere. Due gli offerenti che si affacciano subito al tavolo del Mise: Glencore e Klesh a cui si aggiunge, per poi tramontare rapidamente, l’opzione del Fondo tedesco Aurelius.

Il 31 agosto 2012 Alcoa predispone le procedure per iniziare la chiusura parziale degli impianti. Intanto le manifestazioni di interesse aumentano: a quella di Glencore, di Klesch e di Aurelius si somma quella di Kite Gen Research, un'azienda torinese. Il clima però a Portovesme comincia a surriscaldarsi e due operai sindacalisti, segretari della Fim-Cisl e della Fiom Cgil del Sulcis, Rino Barca e Franco Bardi, salgono per protesta quattro giorni su una delle torri dello stabilimento Alcoa.

A fine settembre 2012 arriva la doccia fredda: Glencore annuncia di non essere più interessata all’Alcoa di Portovesme ma che avrebbe accettato di sedersi al tavolo solo potendo pagare l’energia 25 euro MWh per 10 anni. Il 1 gennaio 2013 tutti i lavoratori sono messi in cassa integrazione, per 1 anno in attesa di acquirenti; al lavoro solo 30 diretti e 30 indiretti per manutenzione e sicurezza dell’impianto. Intanto riprende la trattiva per la Klesh-Alcoa mentre spuntano l'offerta di Sfirs, la finanziaria sarda chiamata a dare garanzie finanziarie sul passaggio dei fondi da Alcoa a Klesch e quella di Mossi e Ghisolfi per la produzione di bioetanolo di seconda generazione.

Nel giugno 2014 il Mise dice che in ballo per Alcoa c'è solo la proposta di Klesh che però ritarda a presentare un vero e proprio piano industriale. La trattativa entra in stallo mentre si continua a trattare anche con Glencore e Alcoa riduce il suo impegno sul personale impiegando 15 operai diretti e 15 indiretti per la manutenzione. A novembre 2014 si sigla a Palazzo Chigi il memorandum of understanding tra Glencore, Regione Sardegna, Presidenza del Consiglio e Mise. Il gruppo svizzero comunque chiede l'avvallo della Ue sul costo dell'energia mentre sulla questione proseguono i contatti tra esecutivo e Commissione Europea.

Nel maggio 2014, il neo premier Matteo Renzi, a Olbia, incontra una delegazione dei lavoratori Alcoa e assicura una soluzione entro l’autunno e l’interessamento da subito in Commissione Ue sul costo dell'energia. Nel dicembre 2015, però, la vertenza è ancora in stallo e gli incontri al Mise girano a vuoto: i governo ribadisce di aver avuto dalla Commissione europea il via libera per fornire tariffe agevolate dell'energia per 2 anni, rinnovabili, ma è una offerta lontana dalle richieste della società svizzera che aveva chiesto tra l'altro 10 anni di "super interrompibilità". Arriva infine nel dicembre scorso una nuova manifestazione di interesse: quella di SiderAlloy. La trattativa però non decolla; ancora ieri i sindacati denunciavano come la nuova richiesta della società svizzera di effettuare la due diligence con cui accedere alla data room è bloccata da Alcoa.

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