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MMicrosoft contro il governo Usa: "Nostro diritto dire se le mail vengono spiate"

14 aprile 2016 | 20.16
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Sede Microsoft, immagine di repertorio (Fotogramma)
Sede Microsoft, immagine di repertorio (Fotogramma)

Microsoft ha fatto causa al governo degli Stati Uniti circa il diritto di avvisare i clienti quando un'agenzia federale controlla le loro comunicazioni di posta elettronica. A darne notizia è il Wall Street Journal che racconta l'ultima 'battaglia' per la privacy con il colosso informatico che, schierato in prima fila, chiede il diritto di dire agli utenti se sono spiati via e-mail.

L'azienda fondata da Bill Gates cita in giudizio il dipartimento americano di Giustizia, mettendo in discussione il frequente ricorso ai cosiddetti 'secrecy orders', che impediscono a Microsoft di informare i propri utenti quando la polizia o i servizi di intelligence, magari nell'ambito di indagini anti terrorismo, ottengono dai giudici l'autorizzazione a spiare le loro e-mail.

Nel ricorso, presentato stamani al tribunale federale di Seattle, la città dove ha sede Microsoft, l'azienda sostiene che impedirle di informare gli utenti interessati dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria è incostituzionale. In particolare, secondo Microsoft verrebbe violato il Quarto Emendamento, vale a dire il diritto dei propri utenti di sapere se il governo sta perquisendo o sequestrando ciò che è di loro proprietà. Microsoft sostiene inoltre che vi sarebbe anche una violazione del proprio diritto a informare i propri utenti, in base al Primo Emendamento della Costituzione Usa.

Il ricorso di Microsoft, a differenza del contenzioso tra Apple e l'Fbi riguardante l'accesso ai dati contenuti nell'iPhone del killer della strage di San Bernardino, non riguarda un singolo caso. Piuttosto, l'azienda di Bill Gates vuole mettere in discussione l'intero processo legale relativo ai 'secrecy orders'. L'intento di Microsoft, sottolinea il New York Times, è anche quello di innescare un dibattito pubblico sul frequente ricorso a questi strumenti segreti di indagine e di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella battaglia a difesa della privacy e dei diritti degli utenti digitali. La ricaduta pratica del ricorso è infatti destinata ad essere rimandata nel tempo, con la possibilità che il procedimento e gli inevitabili appelli possano protrarsi per mesi, se non per anni, prima di una sentenza definitiva.

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