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Confindustria, Boccia al Governo: "Non chiediamo favori ma buone politiche"

26 maggio 2016 | 18.04
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(Foto Adnkronos/Cristiano Camera)
(Foto Adnkronos/Cristiano Camera)

Di Cristina Carlini.

Avanti con le riforme, più produttività, fisco più leggero su lavoro e imprese, rilancio di una politica industriale. L'economia è ripartita ma non si può ancora parlare di ripresa. Al contrario, "la risalita è modesta e deludente". E per questo bisogna attivare tutte le leve necessarie per consolidare e rafforzare la crescita. Al suo debutto pubblico, il neopresidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, traccia un'analisi lucida della situazione e chiama tutti gli attori ad assumersi le proprie responsabilità per riprendere la giusta rotta: governo, dal quale arrivano, subito le prime risposte, per voce del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda; sindacati e, non da ultimo, gli imprenditori.

Anzi, dal palco dell'assemblea di Confindustria, è proprio a loro che Boccia indirizza il primo forte messaggio. "Per risalire la china - sottolinea - dobbiamo attrezzarci al nuovo paradigma economico. Noi imprenditori dobbiamo costruire un capitalismo moderno fatto di mercato, di apertura ai capitali e di investimenti nell'industria del futuro". I tempi impongono "un salto culturale, un nuovo stile imprenditoriale" perché "l'industria del futuro richiede dimensioni adeguate". E la parola d'ordine che risuona nella sala di Santa Cecilia è "crescere": "crescere deve diventare la nostra ossessione" perché, dice Boccia, "piccolo non è bello in sé ma è solo una fase della vita dell'impresa. Si nasce piccoli e poi si diventa grandi".

Ma c'è una "variabile decisiva" per le imprese ed è quella della produttività. Un tasto dolente , quello toccato da Boccia, perché "nell'andamento della produttività c'è la causa della lenta crescita italiana". I numeri parlano chiaro: dal 2000 ad oggi la produttività nell'intera economia è salita dell'1% in Italia contro il 17% dei maggiori partner europei. "Siamo tutti chiamati in causa: la produttività, infatti, è il frutto delle azioni e dei comportamenti dell'intero Paese", ammonisce il numero uno degli industriali.

Ma la 'road map' della crescita impone anche altre scelte, a cominciare da quella politica industriale "che gli altri Paesi si sono già dati e l'Italia no". Una politica industriale "fatta di grandi obiettivi e di stelle polari e finalizzata a creare le condizioni per un'industria innovativa, sostenibile e interconnessa". E, soprattutto, puntualizza, nella gestione del bilancio pubblico, "non chiediamo scambi né favori ma chiediamo politiche per migliorare i fattori di competitività". Confindustria chiede, scandisce ancora Boccia, "manovre di qualità. Politiche a saldo zero ma non a costo zero. Senza creare nuovo deficit". "Chiediamo di spostare il carico fiscale, alleggerendo quello sul lavoro e sulle imprese e aumentando quello sulle cose", incalza il presidente degli industriali secondo il quale le risorse derivanti dalle revisioni delle tax expenditures e dalla diminuzione dell'evasione devono andare all'abbattimento delle aliquote fiscali.

"La partita della competizione si gioca anche sul fisco. Per questo è ottima la riduzione dell'Ires al 24% a partire dal 2017. Che però non basta", dice Boccia sollecitando una politica fiscale a sostegno degli investimenti, a partire da quelli in ricerca e sviluppo. Il nodo della crescita del Paese s'inscrive, evidentemente, in un contesto più ampio. "Viviamo tempi difficili, con un quadro mondiale caratterizzato da incertezza e instabilità senza precedenti", dice Boccia. E c'è un'Europa che "sembra scricchiolare", che appare "fredda, astratta, capace soltanto di imporre sacrifici e rigore", dove si costruiscono muri, come al Brennero (chiuderlo è "come bloccare un'arteria: causerebbe un infarto", avverte). Bisogna "lasciare da parte le nostre paure per realizzare un 'Europa coraggiosa, visionaria", "un'Europa della crescita, capace di mettere come priorità lo sviluppo della propria industria".

La Bce, dice Boccia, "sta facendo tutto quello che è in suo potere e nel suo mandato per riattivare il circolo virtuoso dell'economia". Ma, evidenzia Boccia, "da sola non può riuscirci: servono anche i pilastri di riforme e di politiche di bilancio coordinate, puntando all'unione fiscale". E' in questo contesto che l'Italia deve giocare un ruolo all'altezza della sua storia,, per tornare a essere un "Paese autorevole". La strada obbligata è quella delle riforme, che sono dei cittadini e non patrimonio dei partiti, è il leit motiv della relazione di Boccia, perchè "non può esistere un capitalismo moderno senza una democrazia moderna, senza istituzioni moderne", perché consentono di liberare il Paese "dai veti delle minoranze e dai particolarismi, che hanno contribuito a soffocarlo nell'immobilismo". E le parole di Boccia sembrano trovare un'attenta sponda nel neoministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Sul fronte della crescita "non siamo dove dovremmo e potremmo essere", dice puntualizzando che non lo "appassiona il dibattito su ripresa, ripresina, risalita". Ma quello che è certo è che "la crescita della produttività deve essere al centro della nostra azione". La produttività "richiede una assunzione di responsabilità condivisa tra industria e governo. E del resto non esiste in un paese moderno la possibilità di fare politica industriale se non con le imprese e per le imprese".

"Aumenterò l’impegno -garantisce- sull’attrazione di capitale di crescita e investimenti diretti esteri. Su questo punto desidero essere chiaro. Per me un’azienda è italiana quando opera in Italia. La proprietà dell’impresa riguarda l’imprenditore, l’attività di impresa riguarda anche la società. Io non devo difendere l’italianità delle imprese ma le imprese italiane. Che è cosa ben diversa".

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