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L'inchiesta

Scatola nera in auto, c'è da fidarsi davvero?

29 agosto 2016 | 11.45
LETTURA: 3 minuti

Foto di repertorio (Fotogramma)
Foto di repertorio (Fotogramma)

Le scatole nere che raccolgono dati sul funzionamento dei veicoli sono sempre più diffuse e gradite dalle compagnie assicurative, che ne auspicano l’adozione obbligatoria. In Italia ne sono già dotate circa 4,5 milioni di auto. Ma funzionano sempre correttamente? E quali risvolti hanno nei confronti degli utenti che ne accettano l’installazione? 'Quattroruote', nel numero di settembre in edicola, ha indagato sugli aspetti meno noti di questa tecnologia, rivelando come i malfunzionamenti dei dispositivi non siano in realtà infrequenti: imprecisioni e limiti che in campo assicurativo possono anche ritorcersi contro chi li ha adottati.

Introdotte per raccogliere informazioni utili (orari, posizione, velocità) a ricostruire la dinamica degli incidenti, ovvero attribuire responsabilità e contrastare le frodi (come i falsi sinistri), le black box si rivelano utili anche alle compagnie per profilare i clienti, stabilirne il tipo di guida, 'punire', dal punto di vista tariffario, i più indisciplinati. Tuttavia, molti addetti ai lavori (soprattutto periti assicurativi e ricostruttori della dinamica degli incidenti) sono concordi nell’affermare che queste tecnologie presentano ancora dei problemi che rendono impossibile fare affidamento sulla sola lettura dei dati registrati, come spesso vorrebbero le compagnie, ai fini di una corretta ricostruzione dei fatti.

A supporto di questa tesi, 'Quattroruote' cita una serie di casi reali nei quali l’uso dei dati delle scatole nere da parte delle assicurazioni si è ritorto contro i clienti che l’avevano adottata: risarcimenti negati per errori nel rilevamento degli orari dei sinistri o per geolocalizzazioni dei veicoli sbagliate. Emblematico il caso dell’assicurato al quale la compagnia aveva rifiutato il pagamento di un danno, sostenendo che, all’ora indicata nella constatazione amichevole relativa al sinistro, la vettura non si trovava nella strada citata sul documento. Solo dopo aver ottenuto i dati completi della scatola nera, nel corso della causa intentata all’assicurazione, il danneggiato ha scoperto l’errore di localizzazione del Gps contenuto nel dispositivo, che aveva rilevato la presenza dell’auto in una strada parallela, distante solo pochi metri, ottenendo finalmente giustizia.

'Quattroruote' ricorda anche come l'installazione della scatola nera, attuata dopo l’acquisto di un’auto da personale che non appartiene alla rete ufficiale della Casa o addirittura dal cliente stesso (come propongono diverse compagnie), possa mettere a rischio la garanzia del costruttore del veicolo, al pari di qualsiasi intervento non autorizzato dal produttore dell’automezzo, e come a oggi non sia ancora stata disciplinata la portabilità della scatola in caso di cambio di compagnia o cessione della vettura. L’emendamento al disegno di legge sulla concorrenza, approvato in commissione al Senato ai primi di agosto, affida infatti al governo il compito di disciplinare, con decreti legislativi, anche questi aspetti dell'utilizzo delle black box, favorendone l'estensione dell'utilizzo ma "senza maggiori oneri per i cittadini".

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