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Mezza Italia vulnerabile: 44% aree a elevato rischio sismico

31 ottobre 2016 | 14.57
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Mezza Italia vulnerabile: 44% aree a elevato rischio sismico

L'Italia è un Paese fragile. Le aree a elevato rischio sismico, zone 1 e 2 secondo la classificazione sismica della Protezione Civile 2015, sono circa il 44% della superficie nazionale (131 mila chilometri quadrati) e interessano il 36% dei comuni (2.893). Nelle aree ad elevato rischio simico vivono 21,8 milioni di persone (36% della popolazione) per un totale di 8,6 milioni di famiglie e si trovano circa 6,2 milioni di famiglie.

Sono questi i numeri illustrati dall'Ance in Parlamento nell'ambito di un'indagine conoscitiva sulle politiche di prevenzione antisismica e sui modelli di ricostruzione. Un territorio vulnerabile, che dal 1944 con i terremoti che da Nord a Sud hanno colpito moltissime zone del Paese, ha registrato danni per circa 181 miliardi di euro, 2,5 miliardi l'anno. Ma non solo. Se si considerano anche le conseguenze del dissesto idrogeologico la cifra lievita perchè ogni anno si spende 1 miliardo di euro per i danni dovuti ad alluvioni e frane.

L'Ance pone l'accento sulla rischiosità del patrimonio edilizio privato. Nelle zone ad elevato rischio sismico, spiega l'Ance, lo stock abitativo è di circa 5,2 milioni di immobili, per lo più concentrati nella zona 2, pari a 4,3 milioni. La tipologia di struttura edilizia per gli edifici residenziali vede una prevalenza della muratura portante (il 54,6% del totale, pari a 2,8 milioni di edifici), mentre il calcestruzzo armato è stato utilizzato in media per il 33,6% degli immobili. Il restante 11,8% è stato costruito con altro materiale (ad esempio acciaio, legno ecc..).

Lo stock abitativo delle zone a maggior rischio sismico risulta, sottolinea l'Ance, molto vetusto. Il 74% degli edifici residenziali, pari a 3,8 milioni di immobili, è stato costruito prima della piena operatività della normativa antisismica per nuove costruzioni. Di questi 3,1 milioni di edifici abitativi si trovano in zona 2 e poco meno di 700mila in zona 1.

In questo contesto, l'Ance torna a rilanciare la necessità di superare "il paradosso della realtà italiana": "Quello di un Paese esposto a forte rischio che investe solo nella fase emergenziale e poco in prevenzione ma, soprattutto, quello di un Paese che è il maggiore beneficiario del fondo europeo di solidarietà per le grandi quello di un Paese esposto a forte rischio che investe solo nella fase emergenziale e poco in prevenzione ma, soprattutto, quello di un Paese che è il maggiore beneficiario del fondo europeo di solidarietà per le grandi calamità naturali e può scontare dal Patto di stabilità e crescita europeo le spese effettuate durante l’emergenza ma, finora, non ha potuto ricevere nessuno sconto per la fase di prevenzione nell’ambito della cosiddetta 'flessibilità di bilancio'".

L'Ance torna, dunque, a sollecitare la necessità di "definire politiche di prevenzione in una prospettiva di lungo periodo e di carattere strutturale". Servono, afferma l'associazione dei costruttori, regole mirate ad aumentare il livello consapevolezza del rischio sismico da parte della popolazione; l'utilizzo della leva fiscale per gli interventi di messa in sicurezza; incentivi alla sostituzione edilizia; qualità degli operatori coinvolti.

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