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L'analisi

Da Brexit a Trump, la difficile eredità del 2016 in 10 punti

01 gennaio 2017 | 16.03
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Dal rialzo dei prezzi del petrolio all'impatto di Brexit e dell'elezione del neopresidente Usa Donald Trump sui mercati, passando per i problemi della zona euro, tra bassa inflazione e disoccupazione: sono questi i fatti e le tendenze più significative dell'anno passato secondo il Guardian.

RIALZI DEL PETROLIO - Dopo essere crollato fino a 30 dollari al barile per la prima volta negli ultimi 13 anni all'inizio del 2016, il greggio di recente è tornato a salire. A incidere sui listini l'accordo tra paesi Opec e non Opec sul taglio della produzione che ha portato l'oro nero sopra i 57 dollari al barile, ai massini degli ultimi 17 mesi, +54% sull'intero anno.

RALLENTAMENTO CINA - Il 2016 è iniziato con le preoccupazioni sull'entità del rallentamento economico del pil cinese e il relativo impatto sulla crescita globale. Il target ufficiale per il 2016 è +6,5-7%.

BREXIT - L'impatto sui mercati del referendum che ha sancito l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue è stato contenuto grazie all'intervento della Banca centrale britannica e della Bce, tuttavia secondo gli analisti non bisogna sottovalutare la debolezza della sterlina e gli effetti dell'incertezza legata alla durata dei negoziati per il divorzio di Londra da Bruxelles.

EFFETTO TRUMP - Le preoccupazioni per le politiche economiche protezionistiche del magnate Usa eletto alla casa Bianca sono stati più che compensati dalle speranze di Wall Street che enorme spesa per le infrastrutture e la deregolamentazione favorirà la crescita Usa, per lo meno nel breve termine. Bisognerà vedere se gli annunci della campagna elettorale si concretizzeranno e l'impatto che eventualmente avranno. Il tutto in un contesto di lenta ripresa di rialzo dei tassi da parte della Fed.

SALE IL DOW JONES - Si è chiuso positivamente l'anno per l'indice Dow Jones, che guadagnando quali il 15% in 12 mesi ha segnato il miglior risultato dal 2013. Dopo aver iniziato l'anno appena passato nel peggiore dei modi (-6,2% in cinque giorni), è risalito nella seconda parte dell'anno. L'impennata finale l'ha data la vittoria di Trump e gli attesi effetti delle sue promesse elettorali sulla crescita Usa. Dal 22 novembre è infatti iniziata la corsa dell'indice verso quota 20mila, che tuttavia non è stata raggiunta.

BASSA INFLAZIONE EUROZONA - Nonostante il massiccio programma di Qe della Banca centrale europea l'inflazione del blocco dei paesi della moneta unica resta ancora lontano l'obiettivo di un livello "inferiore ma vicino al 2%".

DISOCCUPAZIONE IN ITALIA E FRANCIA - Oltre alla bassa inflazione, la zona euro si trova ancora alle prese con una disoccupazione elevata soprattutto in Italia e Francia. Il Guardian osserva come la sconfitta per il premier italiano Matteo Renzi al referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre sia arrivato nel messo di una crescita che stenta a decollare e una disoccupazione all'11,6% a ottobre. In lieve calo al 9,7% il tasso dei senza lavoro in Francia, ma superiore ai livelli pre-crisi e con un rialzo di quella giovanile.

ORO - Anno movimentato per il metallo giallo che tra instabilità politica e speculazioni sui tassi americani, ha concluso il 2016 in leggero apprezzamento. Sull'intero 2016 l'oro ha guadagnato oltre il 9%, ma in calo del 16% rispetto ai massimi di luglio. Atteso un calo nel 2017 perché secondo gli analisti la risalita dell'inflazione per effetto degli annunci di Trump, il rialzo dei tassi della Fed e l'apprezzamento del dollaro riducono l'interesse per l'oro, bene rifugio nelle fasi di instabilità del biglietto verde.

BALTIC DRY INDEX - Il Guardian mette anche il Baltic Dry Index tra gli indici a cui guardare per cogliere i trend globali del 2017. I cali dell'indice che misura i costi di trasporto a secco delle materie prime come il carbone, il riso e il grano preoccupano gli economisti che vi vedono il preludio di un rallentamento del commercio globale e dunque dell'attività economia. A febbraio il Baltic Dry Index è sceso ai minimi storici di 290 punti, ma poi ha recuperato risalendo a 961 punti a novembre. Resta tuttavia ben al di sotto del picco di 11.793 punti del maggio 2008.

MESSICO E VENEZUELA - Messico e Venezuela sono due incognite del 2017. Il peso messicano si è risollevato dopo il repentino crollo per l'effetto Trump ma sul paese non mancano tensioni. I piani del neo presidente Usa di reprimere gli scambi commerciali con il paese se attuati porteranno ad un tracollo dell'economia del paese centro-americano. Più preoccupante del Messico è la situazione del Venezuela alle prese con una severa crisi economica e sociale dai risvolti imprevedibili, tra carenza dei beni primari, disoccupazione, inflazione alle stelle (al 475% secondo stime del Fmi) e sospensione dei servizi di base da parte dello Stato.

GIAPPONE - La Banca Centrale del Giappone all'ultima riunione ha lasciato invariati i tassi di interesse aprendo la porta ad un possibile rialzo del costo del denaro nel 2017. I tassi restano fermi al -0,1%, come deciso nella riunione di gennaio che per la prima volta ha portato in negativo il costo del denaro del Sol Levante. Per gli analisti la crescita nipponica resta esposta a rischi nonostante il prolungato e massiccio Qe e l'Abenomics.

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