Una nuova controversia in Europa sulle emissioni dei motori diesel con Volkswagen, dopo l'affondo di Berlino, "può costituire un'ulteriore spinta per Fca a spostare la produzione verso gli Usa". Lo sostiene, interpellato dall'Adnkronos, Giuseppe Berta, professore di Storia contemporanea alla Bocconi e grande esperto di Fiat. Fca, spiega, potrebbe scegliere una politica di "impegno massimo verso il suo mercato principale". E' chiaro, secondo Berta, che "in questo momento Fca si trova nel mirino". I rapporti con Volkswagen "sono alterni" e la casa tedesca "esercita da sempre una pressione, con i tentativi di avvicinamento che risalgono a prima dello scandalo di settembre 2015". Secondo l'esperto, in sostanza, "c'è uno stato latente di tensione" che torna ad acuirsi con i nuovi sviluppi del dieselgate.
Le tensioni fra Volkswagen e Fca e, come ricaduta politica fra Berlino e Roma, affondano le loro radici in un contesto in cui "la controversia ambientale e i criteri difformi fra Stati Uniti ed Europa generano una situazione altamente istabile".
Il problema delle emissioni diesel, chiarisce Berta, "c'è ed è innegabile: i motori sono stati manipolati a un punto da renderli difficilmente assoggettabili a controlli. Il diesel è un motore che nasce quieto ma nel tempo, per l'urgenza di soddisfare i consumatori, diventa sempre più brillante, capace di prestazioni". E le conseguenze sul piano delle emissioni sono evidentemente legate a questo processo. Il sistema dell'auto, insiste l'esperto della Bocconi, "è un settore altamente instabile con forti tensioni competitive e sulla tecnologia, a cui si sono aggiunte delle spinte che fanno leva sulla regolamentazione". Per questo, conclude Berta, "servirebbe una normativa chiara e accessibile a tutti e che non determinasse sempre nuove situazioni di instabilità: bisognerà arrivare a sciogliere questi nodi. E la spinta è verso il superamento degli attuali vincoli sui motori".
