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Ecco perché la Consulta ha detto no al referendum sull'art.18

27 gennaio 2017 | 15.37
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(Foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Il quesito del referendum proposto dalla Cgil sull'articolo 18 inammissibile anzitutto a causa del suo carattere propositivo, che lo rende estraneo alla funzione meramente abrogativa assegnata all’istituto di democrazia diretta previsto dall’art. 75 Cost". E' quanto si legge nelle motivazioni della decisione con cui la Consulta ha bocciato la proposta referendaria.

La Corte Costituzionale evidenzia poi che, nel caso in esame, "la manipolazione della struttura linguistica della disposizione" comporta che "a seguito di essa prenda vita un assetto normativo sostanzialmente nuovo". Ne discende che tale assetto, "trovando un mero pretesto nel modo con cui certe norme sono state formulate sul piano lessicale, sarebbe da imputare direttamente alla volontà propositiva di creare diritto, manifestata dal corpo elettorale". In questo caso "si realizzerebbe uno stravolgimento della natura e della funzione propria del referendum abrogativo".

La manipolazione richiesta, si osserva, "non è diretta a sottrarre dall’ordinamento un certo contenuto normativo, affinché venga sostituito con ciò che residua in seguito all’abrogazione e che, in difetto di quel contenuto, il legislatore ha predisposto perché abbia applicazione al fine di regolare la fattispecie". Essa invece, "del tutto arbitrariamente, rinviene nell’espressione linguistica una cifra destinata a rispondere ad altre esigenze, e se ne serve per renderla il cardine di un regime giuridico connotato non più dalla specificità dell’impresa agricola, ma dalla vocazione a disciplinare in termini generali il limite occupazionale cui è subordinata la tutela reale".

Il quesito, sostiene la Consulta, "è inammissibile anche a causa del difetto di univocità e di omogeneità". In particolare, "appare chiaro" che "vengono accorpate in un unico quesito determinazioni, proprie della discrezionalità legislativa, che possono rispondere ad apprezzamenti diversi". Secondo la Corte Costituzionale, "un conto infatti è stabilire in quali ipotesi di licenziamento illegittimo e attraverso quali meccanismi può essere in linea astratta tutelato il lavoratore; altro conto è decidere a quale realtà, imprenditoriale o non imprenditoriale, essi vadano riservati".

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