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Corte dei Conti: "Cuneo fiscale 10 punti oltre media Ue"

05 aprile 2017 | 10.58
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L’esposizione tributaria in Italia più alta rispetto alla media del resto dell’Europa non aiuta il contrasto all’economia sommersa e la lotta all’evasione. E’ quanto sostiene la Corte dei Conti nel suo Rapporto 2017 sul coordinamento della finanza pubblica, presentato oggi a Roma dal presidente Arturo Martucci di Scarfizzi.

Secondo i magistrati contabili, infatti, "il cuneo fiscale, riferito alla situazione media di un dipendente dell’industria, colloca al livello più alto la differenza fra il costo del lavoro a carico dell’imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49% prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben 10 punti l’onere che si registra mediamente nel resto d’Europa".

Inoltre, "anche i costi di adempimento degli obblighi tributari, che il medio imprenditore italiano è chiamato ad affrontare, sono significativi: 269 ore lavorative, il 55% in più di quanto richiesto al suo competitore europeo", si legge ancora nel rapporto.

"Guardando poi alla tenuta del sistema tributario – scrive la Corte dei Conti - se è indubbio che la politica fiscale ha impresso forti accelerazioni alla dinamica delle entrate, non sembra che essa si sia mostrata efficace nel rafforzarlo strutturalmente: in modo da sottrarlo ai vincoli che spingono a ricercare nuove fonti di gettito e, al contempo, porre i presupposti per una redistribuzione del prelievo nel quadro di una riduzione della pressione fiscale complessiva".

Nel rapporto si legge poi che "nonostante le incertezze iniziali, l’andamento dell’economia sembrerebbe aver segnato un’inversione di marcia verso un’espansione meno fragile e più qualitativa ”.

Secondo quanto si legge nella relazione, infatti, “il Pil nel corso del 2016 è cresciuto dello 0,9% a fronte di un negativo e non anticipato contributo delle scorte e di un andamento superiore alle attese degli investimenti (+2,9%), sia nelle ‘costruzioni’ che in ‘macchinari e attrezzature’”. Nel primo caso “si è finalmente usciti da una fase di recessione protrattasi per otto anni; nel secondo, si ha evidenza di una ripresa del processo di accumulazione non prevista in queste dimensioni e la cui assenza era stata comunemente indicata come il principale fattore di debolezza italiana. Al contempo, il rallentamento delle componenti estere della domanda si è rivelato meno pronunciato di quanto temuto e ciò con riguardo soprattutto alle esportazioni”, si legge ancora nel rapporto.

“Proprio nella prospettiva di medio termine - spiega ancora il rapporto - vanno evidenziate le sorprese positive nella dinamica di tali voci. Con riferimento agli investimenti, vi sono segnali che il combinato disposto delle favorevoli condizioni finanziarie e degli incentivi messi a disposizione dal governo stia finalmente sospingendo il recupero del saggio di accumulazione, gravemente deterioratosi durante gli anni della recessione”, continua il rapporto.

Il sentiero del risanamento finanziario per l’Italia “è reso più faticoso” da una dinamica del prodotto interno lordo meno pronunciata degli altri Paesi dell’area euro. Ma “considerando il maggior livello del debito” questo sentiero è “necessario” si legge nella relazione.

“Nella prospettiva storica e nel confronto con gli altri Paesi europei, lo sforzo di risanamento finanziario perseguito dall’Italia, reso necessario da un livello del debito elevato, prosegue o si attenua? Guardando al periodo intercorso dalla decisione di aderire alla moneta unica ad oggi - spiega il rapporto - il saldo primario rimane sempre positivo, ma si riduce progressivamente".

"La riduzione degli oneri per interessi - continua il documento - ne compensa gli effetti sull’indebitamento, che rimane in prossimità del 3% del prodotto, la soglia fissata nel Trattato di Maastricht". "Nel contesto di bassa crescita che ha caratterizzato gli anni più recenti e di un’inflazione ben al di sotto degli obiettivi delle Autorità monetarie, livelli del saldo primario più contenuti, uniti ad un costo medio che si mantiene comunque vicino al 3%, generano un ulteriore aumento del debito che, a fine 2016, arriva al 132,6% del Pil”, continua il rapporto.

PADOAN - "Nel 2016 la crescita ha ripreso vigore e i primi segnali dell'anno in corso sono molto incoraggianti - ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan intervenendo alla presentazione del rapporto - Siamo in una fase di transizione verso una crescita più robusta e sostenuta".

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