Anche a parti inverse, Antonio Di Pietro non cambia idea: le nozze tra Atlantia e Abertis non gli piacciono fino in fondo perché "se da italiano sono contento che un grande gruppo del mio Paese abbia successo all'estero e si allarghi, da cittadino continuo ad avere riserve sul fatto che si creino grossi monopoli privati che gestiscono servizi primari, infrastrutture usate da tutti". E' quanto afferma all'Adnkronos l'ex ministro dei Lavori pubblici che nel 2006 si oppose all'acquisizione, allora da parte di Abertis, di Atlantia, quando ancora si chiamava Autostrade.
Undici anni dopo la sua opposizione che fece sfumare l'accordo, le cose sono cambiate, si parla di un'opa tutta italiana nei confronti della spagnola Abertis il cui azionista di riferimento è La Caixa, ossia la Cassa di risparmio di Barcellona. Secondo i rumors oggi i componenti del board di Atlantia potrebbero avviare il lancio formale dell’offerta sul gruppo iberico, inseguendo il progetto del maggior gruppo autostradale europeo con un valore di mercato da oltre 36 miliardi di euro.
Ma che sia il 'tricolore' a tentare di aggiudicarsi un traguardo 'sognato' per anni poco importa: "Allora -dice Antonio Di Pietro- non mi opposi perché a tentare di costruire un 'colosso' era un gruppo spagnolo, ma perché creava un monopolio". Di Pietro, insomma, continua ad avere delle riserve anche se non ricopre più un ruolo istituzionale: "ho sempre guardato con grande riserva ai colossi in vari ambiti, anche a livello mondiale, siano presenti nell'informatica o nella telefonia. Ho sempre l'idea che si creino una sorta di stati negli stati". E questo ad Antonio Di Pietro continua a non piacere.