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Trans, pensione anche senza nozze

05 dicembre 2017 | 12.04
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(FOTOGRAMMA)
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Illegittimo per il diritto dell'Unione europea prevedere che una persona che ha cambiato sesso non debba essere sposata per ricevere una pensione di vecchiaia.

E' la conclusione a cui giunge l’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, Michal Bobek, in una causa avviata dalla Corte Suprema del Regno Unito, chiamata a dirimere una questione relativa alla vicenda di una cittadina britannica transgender. Per l’avvocato generale, una condizione simile contrasta con la direttiva dell’Unione sulla parità di trattamento tra donne e uomini.

LA STORIA - La vicenda vede protagonista M. B., britannica nata nel 1948 e registrata come persona di sesso maschile: nel 1974 si sposa e nel 1991 inizia a vivere come una donna fino a quando, nel 1995, si sottopone a intervento chirurgico, cambiando sesso.

Tuttavia M. B. non chiede il certificato per il riconoscimento dell’identità sessuale poiché, all’epoca, una persona sposata che richiedesse quel documento era obbligata a far annullare il matrimonio, dal momento che le nozze tra persone dello stesso sesso erano vietate nel Regno Unito. E M. B. e sua moglie non volevano che il loro matrimonio fosse annullato.

LA PENSIONE - Nel 2008 M. B. compie 60 anni, età pensionabile per le donne nate prima del 6 aprile 1950, e fa domanda per la pensione di vecchiaia. La domanda viene respinta poiché, non avendo un certificato completo di riconoscimento dell’identità sessuale, M. B. non può essere considerata come una donna per determinare la sua età pensionabile.

M. B. allora impugna la decisione, sostenendo che la condizione di non essere coniugati costituisce una discriminazione contraria al diritto dell’Unione. Una direttiva Ue vieta le discriminazioni fondate sul sesso relativamente alle prestazioni statali, incluse le pensioni di vecchiaia. La direttiva prevede una deroga al divieto, permettendo agli Stati di escludere dal suo ambito di applicazione la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia.

LONDRA - Il Regno Unito ha esercitato questa facoltà: l’età pensionabile per una donna nata prima del 6 aprile 1950 è di 60 anni e per un uomo nato prima del 6 dicembre 1953 di 65. Tuttavia, all’epoca in cui M. B. ha fatto ricorso, il sesso acquisito di una persona transgender non era riconosciuto al fine di determinare l’età per beneficiare della pensione, se la stessa persona era e rimaneva parte di un precedente matrimonio. La Supreme Court del Regno Unito ha quindi chiesto alla Corte di Giustizia se questa norma sia compatibile con la direttiva.

Nelle conclusioni, l’avvocato generale Michal Bobek ritiene che la condizione, applicabile solo alle persone transgender, di non essere coniugati per poter accedere a una pensione statale sia contraria alla direttiva. A suo avviso, si tratta di una discriminazione diretta fondata sul sesso che non è oggettivamente giustificata.

AVVOCATO GENERALE - Bobek sottolinea che le condizioni per il riconoscimento del mutamento di sesso potrebbero essere la vera problematica della causa. L’avvocato riconosce che spetta agli Stati membri determinare le condizioni alle quali è concesso il riconoscimento del mutamento di sesso di una persona. Ciò nonostante, Bobek rigetta l’argomento secondo cui ciò consentirebbe di escludere l’esistenza di un trattamento illegittimo fondato sul fatto che la condizione di non essere coniugati non costituisce un requisito diretto per l’accesso alla pensione statale di vecchiaia, ma un requisito per il riconoscimento del cambiamento di sesso, le cui condizioni rientrano nella competenza degli Stati membri.

Bobek spiega che, a suo avviso, un simile approccio renderebbe l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione connesso al divieto di discriminazione fondata sul sesso totalmente dipendente dalle diverse condizioni stabilite a livello nazionale, il che potrebbe comportare discriminazioni per vie traverse. L’avvocato generale ricorda che gli Stati membri sono tenuti ad esercitare le loro competenze in modo conforme al diritto dell’Unione e, in particolare, alle disposizioni relative al principio di non discriminazione.

LE CONCLUSIONI - L’avvocato generale chiarisce che le sue conclusioni, comunque, non implicano che gli Stati membri siano obbligati a riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso. In realtà, ciò che è richiesto agli Stati membri è di rendere l’accesso alla prestazione di cui si tratta indipendente dalla particolare condizione di non essere coniugati. Gli Stati membri rimangono liberi di ammettere o non ammettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Infine, l’avvocato generale ribadisce che tale causa non riguarda il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma piuttosto la combinazione di una serie di condizioni che creano una situazione piuttosto peculiare. Questa situazione sorge, in parte, da una deroga ad uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione, in forza del quale è ammessa una discriminazione fondata sul sesso in relazione all’accesso alla pensione statale di vecchiaia, che non solo è eccezionale, ma è destinata anche a scomparire progressivamente attraverso la convergenza nel Regno Unito dell’età pensionabile per gli uomini e le donne. Di conseguenza, anche la radice del problema è destinata a sparire.

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