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Cosa prevede il 'piano B' per uscire dall'euro

31 maggio 2018 | 12.01
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Ha fatto saltare l'ultima trattativa di governo e ora, dopo varie polemiche e dietrofront, il nome di Paolo Savona voluto da Matteo Salvini al Mef torna sul tavolo per la guida di un altro dicastero. Tuttavia l'economista sardo, con un passato alla Banca d'Italia, in Confindustria e ai vertici di grandi aziende, continua a suscitare forti dubbi per le sue posizioni critiche sull'euro e in quanto firmatario insieme ad altri studiosi, della "Guida pratica all'uscita dall'Euro" pubblicata nel 2015 sul sito 'Scenari economici'. Si tratta del cosiddetto "Piano B" che nell'"interesse nazionale" prevederebbe l'uscita dall'Eurozona, ma che - come hanno assicurato più volte Luigi Di Maio, Matteo Salvini e lo stesso Paolo Savona - non fa parte del contratto di governo M5S-Lega.

Il "ritorno alla sovranità monetaria", secondo gli autori del piano, consentirebbe all'Italia di riappropriarsi della propria "autonoma politica economica" non più soggetta "ai vincoli esterni dei Trattati e dei Regolamenti europei", attraverso il principio della 'Lex Monetae' e non tramite referendum abrogativo, come avvenuto per Brexit. Tale intervento comporterebbe dei rischi, come crollo dei titoli e crescita dello spread, per cui sarebbe essenziale, secondo gli studiosi, "mantenere un certo livello di segretezza". Da qui l'idea di istituire un "Comitato ad hoc", formato da istituzioni pubbliche e private, che dovrebbe gestire la pianificazione del ritorno alla valuta nazionale nell'ombra, per poi uscire improvvisamente allo scoperto mettendo il mondo di fronte al fatto compiuto. L'uscita dall'euro avrebbe quindi una tempistica stringente e avverrebbe attraverso varie fasi fondamentali.

A partire dalla fase della pianificazione, durante la quale "il ministro delle finanze, il primo ministro, il governatore della Banca Centrale e pochi altri funzionari chiave - si legge sulle slides del piano - dovrebbero incontrarsi per discutere e pianificare" l'"eurexit" in gran segreto. Una volta completata la pianificazione, tre giorni prima del D-Day - ovvero il giorno stabilito per l'uscita dall'euro - andrebbero avvisati gli organi ufficiali ed i partner della zona euro, la Commissione europea e la BCE "la cui cooperazione - spiegano gli autori del piano - sarà essenziale per minimizzare i problemi". Seguirebbero poi l'annuncio pubblico dell'uscita, la chiusura di banche nazionali e mercati finanziari e la ridenominazione del debito da parte del governo.

A questo punto scatterebbe il D-Day con l'ntroduzione della Lira alla parità con l'euro e la riconversione dei salari. Il nostro paese quindi adotterebbe una nuova moneta che - spiegano gli studiosi - "nulla avrebbe a che vedere con la 'vecchia' lira" e che verrebbe chiamata "per comodità 'nuova lira' con valore di 'concambio' di 1:1, cioè di 1 euro per una nuova Lira". Le banconote e le monete in euro, invece, potrebbero essere utilizzate solo per "le piccole transazioni per un periodo transitorio". Entro qualche giorno verrebbero riaperte le banche nazionali ed i mercati finanziari mentre, nel giro di 3/6 mesi, la conversione sarebbe completata: le Lire sarebbero infatti "disponibili in quantità sufficiente per procedere a far cessare la circolazione legale di euro".

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