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Sanità: C. Conti, aumenti contratto contrastano con obiettivo efficienza

14 giugno 2018 | 17.28
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Sanità: C. Conti, aumenti contratto contrastano con obiettivo efficienza

Il rinnovo contrattuale della Sanità nel destinare la quasi totalità delle risorse alla rivalutazione dello stipendio e delle "altre componenti della retribuzione aventi carattere fisso e continuativo", in sostanza ad aumenti tabellari, appare "in contrasto con gli obiettivi di efficienza ed efficacia" indicati dalla riforma Madia negli atti di indirizzo. E' il giudizio della Corte dei conti che, pur avendo certificato positivamente l'ipotesi di accordo in relazione al triennio 2016-2018, muove alcune osservazioni al testo nella delibera depositata il 5 giugno che l'Adnkronos ha potuto visionare.

Gli aumenti previsti per il personale non dirigente della Sanità, come per gli altri dipendenti pubblici, a regime del 3,48% della massa salariale di riferimento, dovrebbero consentire un aumento a regime di 85 euro lordi mensili. Ma, osserva la Corte, il parametro per certificare la compatibilità economica degli aumenti contrattuali "non può prescindere da una valutazione degli effetti della contrattazione, in termini di recupero della produttività del settore pubblico". Sotto tale profilo, prosegue la Corte "l'ipotesi di contratto, al pari dei contratti relativi agli altri comparti, non appare in linea con l'obiettivo di procedere ad una sostanziale ridefinizione delle componenti variabili della retribuzione, da destinare prevalentemente a finalità realmente incentivanti e premiali".

Infatti, fanno notare i magistrati contabili, solo una minima parte del beneficio medio a regime, lo 0,31% è finalizzata alla rivalutazione dei trattamenti accessori e questa "è una scelta che non appare in linea con gli atti di indirizzo in cui si sottolineava che le risorse contrattuali avrebbero dovuto essere distribuite secondo un criterio di proporzionalità tra le voci retributive".

Inoltre la Corte dei conti osserva che "il riconoscimento di incrementi retributivi a regime nella misura del 3,48% aumenta i differenziali retributivi preesistenti, non tanto fra i diversi quattro comparti, quanto nell'ambito dello stesso comparto". Quanto poi al pagamento dell'una tantum (periodo aprile-dicembre 2018) per il personale collocato nei livelli più bassi, non sembra realizzare la propria finalità, in realtà infatti, il beneficio viene previsto per tutte le fasce (A B C D e le alte specializzazioni) "con ciò ampliando di fatto la platea dei destinatari".

Come se non bastasse, criticità riguardano il 'Fondo condizioni di lavoro e incarichi'. "Occorre evidenziare che le risorse derivanti dall’ipotesi di contratto in esame per il trattamento accessorio - si legge nella delibera- vengono destinate tutte all’incremento del 'Fondo condizioni di lavoro e incarichi' a decorrere dal 31 dicembre 2018 e a valere dal 1° gennaio 2019. Si tratta di un importo annuo pari a 91 euro pro capite, che genera un onere nel 2019 pari a circa 68 milioni di euro. Ma, proprio a riguardo di tale fondo, secondo la Corte, manca la previsione di "una sorta di clausola di salvaguardia del livello storico del finanziamento degli istituti correlati al lavoro straordinario e alle condizioni di disagio".

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