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Ponte Morandi, commissione accusa Autostrade

25 settembre 2018 | 16.24
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Ponte Morandi (AFP PHOTO)
Ponte Morandi (AFP PHOTO)

Pubblicata la relazione integrale della Commissione ispettiva del Mit sul Ponte Morandi. Per i tecnici del ministero "le misure adottate da Aspi ai fini della sua prevenzione erano inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema", si legge in un passaggio della relazione che, secondo Autostrade, contiene "mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare".

Dall'analisi delle scelte di Autostrade per l'Italia, si legge nella relazione, "emerge una irresponsabile minimizzazione dei necessari interventi, perfino anche di manutenzione ordinaria": è il duro commento contenuto nella relazione della Commissione presieduta dall'ingegner Alfredo Principio Mortellaro, nominata dal ministro Danilo Toninelli dopo il crollo del 14 agosto. "Da ciò la seguente considerazione: non fare oggi semplice manutenzione ordinaria significa voler fare domani molta manutenzione straordinaria a costi certamente più alti, con speculare maggiore remuneratività. Ne discende, come logico corollario, una massimizzazione dei profitti utilizzando a proprio esclusivo tornaconto le clausole contrattuali".

DEGRADO VIADOTTO - Autostrade per l'Italia, "pur a conoscenza di un accentuato degrado del Viadotto e in particolare delle parti orizzontali" che mostravano "deficit strutturali, non ha ritenuto di provvedere come avrebbe dovuto al loro immediato ripristino e per di più non ha adottato alcuna misura precauzionale a tutela della utenza" si legge ancora nella relazione.

Nel documento si analizza in dettaglio il progetto di retrofitting elaborato dall'azienda ma si lamenta come la presentazione dell'intervento sul ponte "fattane da Aspi come di un mero ripristino conservativo dell'opera, al fine di 'allungarne la vita utile', non ha consentito" alla Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del MIT "di coglierne la complessità tecnica ed organizzativa e quindi l'opportunità di inviarlo al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici".

Inoltre, si segnala come il fatto che siano stati i tecnici stessi di Aspi a presentare - lo scorso 1° febbraio - il progetto di intervento sulla struttura rappresenti una "procedura irrituale ed inopportuna al fine di un esame neutrale del progetto". E comunque, osserva la commissione, "nessuno, né Autostrade, né la Divisione 4, né il CTA del Provveditorato, ha colto la necessità di valutare l'importanza del progetto e la sua coerenza con la particolare e complessa struttura portante" del viadotto.

CAUSA PRIMA - Inoltre, è "più verosimile" che la causa prima del crollo del ponte Morandi "non debba ricercarsi tanto nella rottura di uno o più stralli quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali (travi di bordo degli impalcati tampone o impalcati a cassone) la cui sopravvivenza era condizionata dall'avanzato stato di corrosione presente negli elementi strutturali" scrive la Commissione ispettiva del Mit. "Le macerie indicano comunque un crollo con forti dissimetrie rispetto ai piani verticali di simmetria del sistema bilanciato".

"Lo stato di ammaloramento del viadotto Polcevera, con ciò intendendo il suo intero sviluppo (dal km 0 al km 1+150) e con particolare riferimento alla corrosione dell'armatura lenta e precompressa, sia degli stralli, sia delle strutture orizzontali, si è evoluto negli ultimi 27 anni. Aspi - riferisce la Commissione - ha monitorato tale stato di ammaloramento periodicamente (con cadenze mono o pluri annuali), effettuando indagini di tipo sostanzialmente qualitativo, documentando anche alcune ispezioni visive, comunque limitate".

MISURE INAPPROPRIATE - "Era in altri termini - spiega la relazione - in grado di cogliere qualitativamente l'evoluzione temporale dei problemi di ammaloramento ma con enormi incertezze. Tale evoluzione, ormai già da anni, restituiva un quadro preoccupante, e incognito quantitativamente, per quanto concerne la sicurezza strutturale rispetto al crollo. Le misure adottate da Aspi ai fine della sua prevenzione erano inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema".

"La procedura di controllo della sicurezza strutturale delle opere d'arte documentata da Aspi, basata sulle ispezioni, è stata in passato ed è tuttora inadatta al fine di prevenire i crolli e del tutto insufficiente per la stima della sicurezza nei confronti del collasso" evidenzia la Commissione. "La procedura, in altre parole, è utile - si spiega - per quanto concerne gli stati limite di servizio ma di poco significato per quanto concerne gli stati limite ultimi. Tale procedura era applicata al viadotto Polcevera ed è ancora applicata all'intera rete di opere d'arte di Aspi".

LA REPLICA ASPI - La relazione della Commissione ispettiva del Mit contiene "mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare". Lo evidenzia Autostrade per l'Italia, in una nota. "La relazione stessa non tiene in alcun conto gli elementi di chiarimento forniti dai tecnici della Concessionaria nel corso delle Audizioni rese su richiesta della Commissione", sottolinea Aspi. Inoltre, i tecnici della società non hanno avuto finora la possibilità di accedere ai luoghi sottoposti a sequestro da parte della Procura di Genova e quindi di svolgere le analisi e le indagini necessarie per ipotizzare dinamiche e cause del crollo, che peraltro non vengono chiarite neanche dalla Commissione (i cui membri hanno avuto, invece, libero accesso ai luoghi).

"In questo contesto - afferma la società - le responsabilità ipotizzate dalla Commissione a carico di Autostrade per l’Italia non possono che ritenersi mere ipotesi ancora integralmente da verificare e da dimostrare, considerando peraltro che il comportamento della Concessionaria è stato sempre pienamente rispettoso della legge e totalmente trasparente nei confronti del Concedente".

IL CHIARIMENTO - Nel dettaglio, in merito ai numerosi elementi della relazione resi noti alla stampa, le strutture tecniche di Autostrade per l’Italia chiariscono rispetto alla contestata assenza del documento sulla valutazione della sicurezza che tale documento (ai sensi dell’OPCM 3274 del 2003) è prescritto soltanto per infrastrutture situate nelle zone sismiche 1 e 2 mentre non è prescritto, puntualizza Aspi, nelle zone 3 e 4 al cui interno è collocato il Ponte Morandi. "E’ importante precisare anche che la comunicazione inviata dalla società al Ministero il 23 giugno 2017, citata dalla relazione come addebito omissivo, aveva tutt’altro oggetto riguardando i criteri di monitoraggio e non la valutazione della sicurezza".

Per quanto riguarda la presunta minimizzazione degli interventi di manutenzione contestata alla società, Autostrade per l’Italia ricorda di aver speso circa 9 milioni di euro negli ultimi 3 anni e mezzo per aumentare la sicurezza del ponte e che nel periodo 2015-2018 sono stati realizzati sul ponte ben 926 giorni-cantiere, pari ad una media settimanale di 5 giorni-cantiere su 7. Circa la contestata interruzione di interventi strutturali sul viadotto dopo il 1994, a seguito della realizzazione di interventi molto importanti negli anni precedenti, la società ricorda - sulla base delle informazioni fornite dalle strutture tecniche - che gli interventi effettuati prima del 1994 erano essenzialmente correttivi di errori di progettazione e di costruzione del Ponte Morandi, superati appunto con l’intervento del 1994.

MONITORAGGIO - Da allora la situazione è stata costantemente monitorata dalle strutture tecniche ed ha portato nel 2015 alla decisione di realizzare l’intervento d retrofitting del ponte. Per quanto concerne le accuse della relazione relativamente ai tempi di progettazione dell’intervento di retrofitting troppo lunghi, alla gestazione esclusivamente interna del progetto e alla non accuratezza della programmazione dei lavori, Autostrade per l’Italia ricorda che allo sviluppo del complesso progetto hanno contribuito – oltre a Spea – il Politecnico di Milano e la società Edin. Nessun elemento di rischio e urgenza, sottolinea Aspi, è emerso dai progettisti, né dalla Commissione del Provveditorato alle Opere Pubbliche che ha valutato e approvato il progetto.

Per quanto riguarda la contestazione di mancata accuratezza del progettista nel valutare lo stato di conservazione degli stralli, prosegue Autostrade per l'Italia, che sarebbe stata frutto di una valutazione ottimistica e non basata su un’analisi diretta della riduzione della sezione, le strutture tecniche della società ricordano che le analisi sugli stralli affogati nel calcestruzzo erano possibili solo per via indiretta attraverso le prove riflettometriche. Le analisi diagnostiche erano allegate al progetto ed hanno avuto una valutazione di non pericolosità da parte di tutti i tecnici, interni ed esterni alla società, che hanno potuto realizzarle ed esaminarle.

Circa la contestata scelta, contenuta nel progetto, di eseguire i lavori in costanza di traffico, la società ricorda che le modalità operative previste dal progetto approvato dal Ministero nel 2018 erano analoghe a quelle seguite negli anni 1991-1993 per interventi analoghi e mai contestate, e che queste comunque prevedevano varie fasi di chiusura del ponte al traffico. Tutto questo, afferma Aspi, in assenza di elementi di urgenza e di rischio. E’ importante aggiungere inoltre che il Provveditorato aveva valutato il progetto di retrofitting “ben redatto e completo in ogni dettaglio, studiato in modo metodologicamente ineccepibile non solo alla luce delle verifiche delle strutture esistenti, degli effetti del degrado constatati, dei rinforzi, a anche tendendo in considerazione la grande mole dei dati di monitoraggio e controllo raccolti via via negli anni precedenti”.

Circa invece la contestata decisione di non chiudere al traffico il ponte, si ricorda che tale decisione non è stata assunta dal Direttore di Tronco di Genova, non sussistendo allo stato le condizioni di rischio che la giustificassero sulla base delle analisi e dei monitoraggi eseguiti. Inoltre sono integralmente rigettate dalla società le contestazioni sull’inadeguatezza delle procedure di controllo da sempre applicate, attraverso il contratto di convenzione con SPEA attivo dal 1985. Il sistema di controllo, sottoposto all’esame del Concedente ancora nel 2017, conclude Aspi, è totalmente conforme con gli obblighi di legge e non è mai stato oggetto di alcun rilievo da parte del concedente.

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