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Banche: Gros (Ceps), problema per Italia è debolezza economia

27 ottobre 2014 | 16.00
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Secondo il direttore del Ceps i crediti bancari vanno in sofferenza perché gli investimenti delle imprese non rendono

Daniel Gros
Daniel Gros

Nel day after della diffusione dei risultati dell'esame che la Bce ha condotto sui bilanci delle maggiori banche europee, dal quale sono risultati bocciati 13 istituti, di cui 4 italiani, Daniel Gros, direttore del Center for European Policy Studies di Bruxelles, spiega all'Adnkronos che nel caso specifico dell'Italia, "il problema di fondo" è rappresentato dalla "debolezza dell'economia italiana. Molti investimenti fatti dalle imprese italiane non rendono e le banche, dunque, hanno crediti in sofferenza e delle perdite". Questo, a suo avviso "è il problema vero".

Non tanto, e comunque non solo, il fatto di avere in pancia molti titoli pubblici. Da ciò, ovvero dall'avere investito in bond sovrani, "le banche italiane hanno avuto un beneficio molto importante negli ultimi anni, ma ora la Bce dice: 'attenzione, se le cose cambiano, se il rischio torna ad essere alto, voi avrete svalutazioni di mercato dei bond pubblici e non avete abbastanza capitale per fronteggiare la cosa'".

Poco importa che per esempio gli istituti bancari francesi, portoghesi o tedeschi siano più esposti verso le attività speculative: di fatto, rileva Gros, "la maggior parte delle posizioni che le banche francesi e tedesche hanno sono su tutti i lati del bilancio: hanno un credito per uno swap in una direzione e un debito sull'altra. I due, in genere, si annullano per cui l'esposizione netta è molto bassa".

Problema maggiore è la mancanza di domanda di investimenti, rubinetti in Europa già aperti

(Adnkronos) - L'economista sostiene che ora le banche italiane non procederanno nella dismissione di titoli pubblici: "non penso che le banche italiane debbano vendere i titoli di stato. Il rendimento è sempre attrattivo. Anche se bisogna considerare che le banche italiane detengono in genere titoli a breve scadenza. Il tema del rischio, dunque, incide solo parzialmente. Oggi come oggi investire in titoli di Stato italiani dà un rendimento abbastanza contenuto, molto basso. Le banche italiane non avranno interesse ad acquistarne altri, ma nemmeno di vendere quelli che hanno; basta solo aspettare quello che va a scadenza".

In generale per Gros, con questa nuova tornata di test "è stata fatta abbastanza chiarezza, per quanto si possa fare chiarezza in bilanci di centinaia di banche in Stati diversi con regole diverse e situazioni economiche molto diverse". Ma non è esattamente da qui che si riparte a fare credito. "Il rubinetto" delle banche, "nella maggior parte dell'Europa, è abbastanza aperto". Il problema, piuttosto è che "c'è poca gente che vuole credito. Questo è il problema della politica monetaria: si può offrire acqua ai cavalli ma non li si può costringere a bere. Sono le imprese che non richiedono soldi. A questo punto il problema maggiore è la mancanza di domanda di investimenti".

Allora, come fare ripartire la domanda? "Lo vorrebbero sapere tutti ma non lo sa nessuno". Le imprese "hanno deciso che non vogliono spendere e poco da fare per cambiare idea". E il Governo italiano come si sta muovendo in questo difficile contesto? "Per quanto riguarda le riforme strutturali con il Jobs Act è stata aperta una porta, ma nessuno, ancora, ci è passato" conclude Gros.

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