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Ligresti: 'Nagel firmò patto, con Mediobanca basta la parola'

19 novembre 2014 | 21.34
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Ligresti: 'Nagel firmò patto, con Mediobanca basta la parola'

Un patto "tra gentiluomini" perché "con Mediobanca basta la parola". Salvatore Ligresti, l'ex patron dell'omonima galassia assicurativa, è un uomo di altri tempi e nel suo verbale c'è tutta la concretezza di chi ha attraversato mezzo secolo della storia d'Italia, senza passare indenne da Tangentopoli ma continuando a sedere nei 'salotti buoni' della finanza. Nel circa mille pagine che compongono il faldone della chiusura indagine sul cosiddetto 'papello' le sue dichiarazioni ne riempiono un paio per ricostruire quel presunto accordo segreto, siglato il 17 maggio 2012 negli uffici Compass, tra la famiglia e l'ad di Mediobanca Alberto Nagel per aggirare, secondo il pm di Milano Luigi Orsi, l'intervento della Consob che aveva posto il veto a eventuali vantaggi alla famiglia Ligresti nelel salvataggio di Fonsai.

Il senso del documento, redatto da Jonella Ligresti e consegnato a Cristina Rossello segretaria del patto di sindacato di Mediobanca, "era quello di rappresentare a Nagel il contenuto degli accordi che avevamo già preso con lo stesso Nagel. Quando ho tirato fuori questo documento Nagel lo ha letto e lo ha firmato. L'ho firmato anch'io, non ricordo se prima o dopo di lui. Lo ritenevo e lo ritengo un impegno tra gentiluomini assolutamente serio. Noi stiamo parlando di discorsi fatti con Mediobanca, una istituzione con la quale ho sempre preso accordi sulla parola". E aggiunge: "Sono certissimo che il documento che esaminammo in quell'occasione fu firmato da me e da Nagel".

Un documento con la dicitura 'Accordi tra famiglia e Nagel, Pagliaro, Cimbri e Ghizzoni', ma che sarebbe stato firmato solo dal numero uno di Piazzetta Cuccia. "lo mi sono recato da Nagel e ho parlato con lui e con lui ho firmato questo documento. Mediobanca è un'istituzione tale che non c'era bisogno di altro che questo. Con Mediobanca basta la parola. Comunque bastava che io parlassi con Nagel, non c'era bisogno - conclude - della sottoscrizione anche delle altre persone evocate nell'intestazione". Una versione che contrasta con quella del numero uno di Piazzetta Cuccia che ammette di aver siglato quel documento, ma lo definisce "un atto di disponibilità umana" di fronte a un Salvatore Ligresti descritto come una persona pronta a farla finita.

Nel lungo interrogatorio Nagel ricostruisce i passaggi del rapporto tra l'Ingegnere e Piazzetta Cuccia - "Mediobanca era esposta nei confronti del gruppo Ligresti, ma Ligresti aveva cambiato con la cacciata di Maranghi i suoi punti di riferimento e li aveva stabiliti sostanzialmente in una persona, ovvero in Cesare Geronzi, e attraverso Cesare Geronzi li aveva irradiati poi su Vincent Bolloré e ultimamente poi su Profumo" - fino al tentativo dell'accordo di fusione con Unipol.

Secondo Nagel quando i Ligresti capiscono che "più che disponibilità umana ad ascoltarli non c'era, hanno realizzato chiaramente che questa era un'operazione che riservava loro il trattamento che solo loro non capivano era loro dovuto, perché loro siccome hanno distrutto un gruppo, è tanto che il gruppo venga salvato. E se quindi a loro non arriva niente, non devono più di tanto lamentarsi. Quindi questa cosa loro l'hanno capita. Ne sono rimasti profondamente diciamo...non disillusi - non so il termine - incazzati, e hanno incominciato a sabotare l'operazione".

E quando rincontra la Rossello che teme che i Ligresti possano usare quel patto contro Nagel, lui dice: "'quella cosa là, quell'appunto che tu hai, è lettera morta'. Quindi fa quello che vuoi. lo se fossi in te lo distruggerei perché è un qualcosa che abbiamo inteso verificare e che non è stato possibile verificare. Cioè la verifica ha dato un esito negativo". E di fronte ai timori della segretaria del patto di Mediobanca: "lo mi difenderò nel modo che ritengo. lo so che cosa ho fatto, quindi... Capisco anche - aggiunge Nagel - che questi mi vogliono mettere nei casini, perché sono rimasti a bocca asciutta".

E se la Rossello cerca anche con una lettera di convincere l'ad di Mediobanca a 'salvaguardare' i Ligresti, lo sfogo audio di Jonella - registrato di nascosto e consegnato in procura per 'certificare' l'esistenza de 'papello' - è accalorato: "Non ti nascondo che per salvare quello che ha costruito mio padre, e per non farlo morire di crepacuore - come sta succedendo in questi momenti, perché è sempre più disperato - se questa lettera può aiutare in qualche modo a salvare la sua dignità almeno ... Perché è già stata un'estorsione pura quella che hanno fatto, con delle bugie ... una dietro l'altra".

E aggiunge: "Noi non abbiamo futuro. Ci sbattono fuori e si prendono una compagnia che vale un sacco di soldi a zero. Non ci danno un euro. È un'estorsione, e in più abbiamo azioni di responsabilità, cause.. dovremo fare cause per avere i nostri diritti. Ci hanno messo in una situazione...". Nel 'memoriale' di Giulia Ligresti, sequestrato dai pm di Torino e consegnato poi al pm Orsi, viene scandita, giorno per giorno, l’operazione che porta la famiglia a perdere il controllo del gruppo. Il primo colpo, secondo questa ricostruzione, arriva da Piergiorgio Peluso, il figlio dell’ex ministro Anna Maria Cancellieri, accusato di 'lavorare' per Mediobanca. Salta il primo piano di salvataggio del gruppo, premono Consob e Isvap.

Il 28 gennaio 2012 Federico Ghizzoni (ad di Unicredit) "riferisce a Jonella Ligresti che è al corrente già da due giorni dell’orientamento informale di Consob in merito alla necessità di modificare l’operazione". Lo stesso giorno "Nagel, Pagliaro, Ghizzoni, Cimbri garantiscono ai 4L (i quattro Ligresti, ndr)", i contenuti del 'papello' poi 'traditi': arriva il matrimonio con Unipol, senza garanzia per i Ligresti. Tranne quella dei fogli nelle mani della segretaria del patto di Mediobanca che ora potrebbero costare a Nagel un rinvio a giudizio.

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