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Banche: Camusso all'attacco, su dl popolari qualcuno ha speculato

30 gennaio 2015 | 17.11
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Il segretario generale della Cgil, in piazza a Milano con i bancari in sciopero per il rinnovo del contratto, tuona: "Non è un bello spettacolo per la modernità del Paese scoprire che qualcuno sapeva in anticipo. Sono i favori di sempre a quelli che hanno tanto e continuano ad avere di più".

Susanna Camusso in corteo a Milano.
Susanna Camusso in corteo a Milano.

Susanna Camusso brandisce la clava e picchia duro sul governo guidato da Matteo Renzi. Qualcuno che "sapeva" in anticipo, accusa, ha "speculato" sulla riforma delle popolari. Il segretario generale della Cgil, che oggi ha sfilato per le vie di Milano in testa al corteo dei bancari in sciopero per il rinnovo del contratto nazionale, dal camion che faceva da palco in piazza della Scala ha parlato a lungo della riforma che il governo ha varato per decreto.

Una decisione che non è piaciuta alla leader del più grande sindacato italiano: "Penso - afferma - che per il bene del Paese sia bene cambiare quel decreto. Peraltro sono molto perplessa sul fatto che lo strumento del decreto sia legittimo in questo caso".

Il potere dei sindacati nella governance delle banche popolari è uno degli aspetti critici più frequentemente evidenziati dagli osservatori in questi anni. A loro, molto probabilmente, pensava l'ex presidente del cdg di Bpm Andrea Bonomi, patron di Investindustrial, quando sospirò, mentre tentava di cambiarne la governance nel settembre 2013, che avrebbe voluto "una banca normale".

Camusso ha poi affondato il colpo: "Non è un bello spettacolo - ha scandito - che subito dopo il decreto" sulle banche popolari "si scopra che c'è chi lo sapeva" in anticipo "e ha speculato su questo". Vedere una cosa simile, ha aggiunto la Camusso, non depone a favore della "modernità" del Paese, perché "sono i favori, come sempre, a quelli che hanno tanto e che continuano ad avere di più".

"Noi - ha continuato la Camusso - non abbiamo dubbi che ci sia bisogno di una diversa governance bancaria, che non va bene che la Bce dia credito alle banche e che queste se lo tengano. Ma questa è la politica che vorremmo, una politica che guarda al Paese e non agli interessi di pochi".

"Per un lungo periodo - ha continuato la Camusso - il governo ha ignorato il tema delle banche. Ha ignorato i lavoratori, ma a questo - ha sottolineato - siamo abbastanza abituati. Poi, improvvisamente, una mattina si è svegliato e ha fatto un decreto. La nostra Costituzione dice che i decreti devono avere delle motivazioni di urgenza: noi apprezzeremmo molto un decreto che intervenisse con degli strumenti a salvaguardia dell'occupazione, invece su quello decreti non se ne fanno".

"Si fa invece un decreto - ha proseguito la Camusso - per determinare che le popolari e le casse di risparmio devono diventare tutte società per azioni. E perchè? Dove sta scritto che se hai una società per azioni funziona meglio e sta al servizio del Paese?"

"Non sono del settore - ha aggiunto il segretario generale della Cgil - ma mi risulterebbe che le quattro casse di risparmio che sono diventate società per azioni non hanno brillato per specchiata trasparenza dei loro bilanci e delle loro attività. E allora, non è vero che è la forma societaria che determina la qualità dell'impresa. Non è vero che bisogna essere grandi per essere utili al Paese".

Le parole di Susanna Camusso hanno fatto immediatamente pensare a Davide Serra, fondatore di Algebris e considerato un sostenitore del premier Matteo Renzi, indicato nei giorni scorsi da rumours di mercato come uno dei soggetti più attivi negli acquisti di azioni delle banche popolari. Proprio oggi Serra, dopo giorni di rumours e commenti sulla stampa, ha precisato al Sole 24 Ore che i suoi fondi investono sul settore fin dal marzo 2014.

Fonti vicine alla segreteria hanno poi chiarito che la Camusso alludeva esclusivamente agli approfondimenti che la Consob sta facendo, accertamenti "finalizzati a verificare la sussistenza dei presupposti per ipotesi di abuso di informazioni privilegiate'' legato alla riforma delle banche popolari, come ha detto in commissione Finanza a Montecitorio il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, rispondendo ad un'interrogazione. Accertamenti che ''hanno determinato l'avvio di una serie di richieste di dati e notizie a intermediari sia italiani sia esteri'', ha spiegato il sottosegretario.

Le parole del segretario generale si inseriscono in un clima già avvelenato. Da quando il governo ha varato la riforma delle popolari per decreto, tagliando un nodo che si trascinava da un ventennio, anche il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi è finita nel tritacarne, essendo suo padre vicepresidente della Popolare Etruria e Lazio. In più il fratello ci lavora e lei stessa possiede delle azioni. Malgrado abbia precisato di non aver partecipato al Cdm in questione, le polemiche l'hanno investita ugualmente, e continuano sui social network, anche se la Boschi detiene 1.500 azioni della Popolare Etruria e Lazio, che alle quotazioni delle 16 di oggi (0,51 euro) valgono 765 euro.

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