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Unicredit: giochi per cda entrano nel vivo, venerdì comitati/Adnkronos

03 marzo 2015 | 18.19
LETTURA: 8 minuti

Le prossime settimane saranno decisive per la nomina del nuovo cda di Unicredit: entro il 17 aprile vanno depositate le liste. Se è sicura la conferma dell'amministratore delegato Federico Ghizzoni, meno certa la riconferma del presidente Giuseppe Vita, anche se Fabrizio Palenzona si schiera apertamente per il numero uno in carica.

Paolo Biasi (Cariverona) tesse la tela per il  nuovo cda di Unicredit.
Paolo Biasi (Cariverona) tesse la tela per il nuovo cda di Unicredit.

di Tommaso Gallavotti

Entrano nel vivo i giochi per il nuovo cda di Unicredit, l'ottava banca dell'Eurozona per attivo e l'undicesima dell'Unione Europea. Entro il 17 aprile dovranno essere depositate le liste per il rinnovo del consiglio di amministrazione della banca di piazza Gae Aulenti e, in vista della riunione del comitato governance di venerdì a Milano, le acque iniziano a mostrare qualche increspatura.

Mentre l'amministratore delegato Federico Ghizzoni non viene messo in discussione da nessuno, è diversa la posizione del presidente Giuseppe Vita che, malgrado abbia un curriculum con pochi eguali (nato nell'Agrigentino, dal 1989 al 2001 è stato presidente del comitato esecutivo, nonché del comitato di sorveglianza fino al 2006, della multinazionale tedesca Schering, poi assorbita da Bayer, un unicum per un italiano in Germania), è più esposto ai rumours per motivi anagrafici (compirà 80 anni il prossimo 28 aprile).

Vita, comunque, ha eccellenti relazioni a livello internazionale (è membro della Trilateral Commission) e soprattutto in Germania, Paese in cui Unicredit ha attività cospicue. Un autorevole quotidiano ha lanciato il primo nome nella mischia, quello dell'ex ambasciatore italiano negli Usa Giovanni Castellaneta, attuale presidente di Sace, prossima a trasformarsi in banca, di Italfondiario e senior advisor di Fortress, la società americana che ha recentemente rilevato Uccmb da Unicredit. A rintuzzare le voci è stato il vicepresidente Fabrizio Palenzona, spiegando che a lui "non risulta" un possibile cambio alla presidenza della banca. "Vita è bravo, ha fatto bene e penso che farà ancora bene", ha aggiunto.

Vita, dal canto suo, ha già messo in chiaro che è disponibile a restare, se gradito: "Se gli azionisti sono d'accordo, se mi ridanno fiducia e se la salute me lo consente, ben volentieri - ha detto - è comunque una decisione che spetta agli azionisti". In ogni caso, ha ricordato, "c'è una vita anche senza Unicredit".

Un consigliere di piazza Gae Aulenti spiega che nel board sono rimasti "molto perplessi" quando hanno letto dell'ipotesi Castellaneta. "Non ci vedo alcuna razionalità - dice all'Adnkronos - e non ho alcun segnale in tal senso. Potrebbero essere giochi per ottenere qualcosa su altri tavoli. Ritengo che sia una cosa impossibile: poi, certo, nella vita non si sa mai. Ma mi pare che le dichiarazioni di Palenzona siano abbastanza conclusive sul punto". Ciò non comporta necessariamente che la carta Castellaneta non possa essere considerata in altri ambienti.

Un'altra ipotesi è che la Fondazione Cariverona presieduta da Paolo Biasi, terzo azionista dopo la Aabar (6,5%) di Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti) e BlackRock (4,668% nello scorso dicembre) possa presentare una lista intorno alla quale coagulare i voti dei primi due soci esteri. A Verona tacciono ("Se il presidente è una sfinge, il vicepresidente è muto", si schermisce il numero due dell'ente scaligero Giovanni Sala) mentre da BlackRock rispondono che, come da policy, non rilasciano dichiarazioni su "fatti locali".

E' da escludere che la società di gestione più grande del mondo, con oltre 4mila mld di dollari in portafoglio, possa presentare una lista insieme ad una Fondazione bancaria italiana: "Una cosa del genere non è mai successa", spiega all'Adnkronos una fonte che conosce bene il mondo degli investitori istituzionali esteri. "Al massimo - concede - la Fondazione potrebbe presentare una lista e BlackRock potrebbe votarla". Tutto dipenderebbe dalla qualità dei candidatii, in questo caso.

La sensazione comunque, per dirla con una fonte veneta, è che siamo solo "alle prime schermaglie. Stanno tastando il terreno: siamo ai ballon d'essai". Allargando un poco l'obiettivo, non va comunque trascurata, secondo alcune fonti, la volontà del governo guidato da Matteo Renzi di incidere nella governance reale del Paese, e quindi anche nel mondo delle banche, cruciali per un'economia bancocentrica come quella italiana. Volontà di incidere dimostrata sia con la riforma delle banche popolari varata per decreto sia con le prossime norme sulle Fondazioni bancarie.

E' presto però per capire se e come questa volontà di contare si innesterà nella partita per il rinnovo del cda di Unicredit. Tuttavia, se si possono escludere senz'altro interventi diretti e visibili, impensabili visti i tempi, diverse fonti ben addentro alle vicende di Unicredit ritengono che la partita non sia solo finanziaria, ma abbia anche profili politici.

Non si può escludere, quindi, che il governo faccia discretamente in modo che i propri orientamenti abbiano un qualche peso nelle scelte del prossimo futuro. Del resto, i rapporti e le porte girevoli tra politica e finanza non sono una peculiarità italiana, ma esistono in tutto il mondo occidentale. Per restare a Unicredit e Pd, il fondatore dell'Ulivo Romano Prodi presiede tuttora l'International Advisory Board di Unicredit, un organo consultivo, dove è succeduto a Giuliano Amato, salito alla Corte Costituzionale.

Per l'Associazione Piccoli Azionisti Unicredit, spiega il presidente Agostino Cassarà, "l'importante è che resti Federico Ghizzoni. Vita è una persona molto equilibrata, ma la presidenza per noi non è un argomento di grande importanza". Sul fronte del rinnovo del cda, con la riduzione del numero dei consiglieri dagli attuali 19 a 17 (il numero più probabile), le indicazioni che allo stato è possibile raccogliere danno quasi per certa l'uscita delle piccole Fondazioni (Cassamarca e Banco di Sicilia) dal board.

E' dato per probabile da diverse fonti che la Fondazione Crt, al 2,5% del capitale, passi dall'avere due rappresentanti a uno solo (in pole per la riconferma, in questo caso, dovrebbe essere il vicepresidente Fabrizio Palenzona), mentre gli emiliani (Carimonte Holding ha il 2,99%) dovrebbero avere un altro rappresentante. Resta sul tavolo la possibilità che Paolo Biasi, presidente della Fondazione Cariverona, in scadenza nel prossimo autunno, approdi al consiglio di amministrazione della banca partecipata.

Ha già avuto il placet del sindaco di Verona Flavio Tosi ("Ha un'esperienza più che decennale nel settore e quindi ha più che le carte in regola", ha detto poco prima di Natale, auspicando nel contempo la conferma di Ghizzoni e Vita), oggi alle prese con altre questioni. Si porrebbe però un problema di calendario, visto che il consiglio della Fondazione scade a novembre, mentre quello della banca viene nominato in primavera. Biasi ha evitato prese di posizione definitive: "Tecnicamente - ha osservato - non c'è nessun veto" al passaggio dalla presidenza della Fondazione al board della banca partecipata, ma "l'opportunità è un'altra cosa".

Ciò nonostante, ha aggiunto, "la nomina non è in capo al soggetto, è l'assemblea che decide". Ci può anche stare, in astratto, che a un presidente di Fondazione in scadenza non dispiaccia l'idea di passare nel board della banca, se non addirittura alla presidenza. Tuttavia raramente passaggi simili risultano indolori, specie nel momento in cui il governo sta preparando norme che dovrebbero puntare ad accelerare la diversificazione del patrimonio delle Fondazioni bancarie.

Non a caso qualcuno ha ricordato gli orientamenti della European Banking Authority del novembre 2012 sull'onorabilità degli amministratori di banche, norme che tuttavia sono in corso di revisione . Per l'Eba, "dovrebbero essere considerati i profili della posizione economica e della solidità finanziaria passate e presenti di un membro" dell'organo gestionale, "in relazione al loro possibile impatto sulla sua reputazione". Profili quali, tra l'altro, "i risultati economici e finanziari delle entità possedute o gestite dal membro o in cui il membro deteneva o detiene una partecipazione rilevante, con particolare riguardo a ogni procedura di risanamento, fallimento e liquidazione, e se e in quale misura il membro ha contribuito alla situazione che ha determinato l'avvio di tali procedure". Inoltre, va considerata "l'inclusione nella lista dei debitori insolventi o qualsiasi registrazione negativa su questo tipo di lista effettuata da centrali rischi riconosciute, se disponibile". La partita per il nuovo cda di Unicredit, insomma, è più che mai aperta e potrebbe riservare sorprese.

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