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Finanza: Schroders, commodities a rischio con stretta Fed su tassi

23 marzo 2015 | 12.44
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Le materie prime potrebbero soffrire sui mercati se la stretta monetaria della Federal Reserve dovesse scaricare troppe pressioni sulle economie dei Paesi emergenti, avvertono i gestori multi asset di Schroders Alastair Baker e Patrick Brenner. Ma se l'economia Usa proseguirà in crescita, allora potrebbe scattare una correlazione positiva tra il dollaro e le commodities.

Le materie prime attendono la Fed: lingotti di palladio (Infophoto).
Le materie prime attendono la Fed: lingotti di palladio (Infophoto).

Le materie prime sui mercati potrebbero soffrire se la probabile stretta della Federal Reserve sui tassi d'interesse dovesse mettere in eccessiva difficoltà le economie dei Paesi emergenti. A sottolinearlo sono Alastair Baker e Patrick Brenner, gestori fondi multi asset di Schroders, società londinese fondata nel 1804.

"Negli Usa - ricordano Baker e Brenner - ci stiamo avvicinando a una fase di stretta monetaria e questo probabilmente porterà a un continuo rafforzamento del dollaro. Se ciò sarà accompagnato dal proseguimento della crescita economica positiva, sia il biglietto verde sia le materie prime potranno muoversi al rialzo".

"Nel caso in cui la stretta monetaria - proseguono i gestori - si dovesse rivelare un errore, o se dovesse esercitare troppa pressione sulle economie dei mercati emergenti, tanto da farle entrare in una fase di crisi (rallentamento della crescita e esacerbazione della domanda di dollari), probabilmente le materie prime ne soffriranno".

La correlazione tra il biglietto verde e le commodities, avvertono i gestori, va presa cum grano salis: "E' convinzione diffusa - ricordano - che il dollaro abbia una forte influenza sui prezzi delle materie prime. La spiegazione per questa relazione è che, dato che le commodity sono denominate in biglietti verdi, i loro prezzi dovrebbero muoversi al ribasso in termini di dollaro quando il dollaro si rafforza, in modo da riflettere l’accresciuto potere di acquisto".

"Dopo la crisi finanziaria globale del 2008 - proseguono Baker e Brenner - effettivamente c’è stata una relazione inversa molto forte tra le materie prime e il dollaro. Tuttavia, non è sempre stato così. Prima della crisi globale, la correlazione era molto meno evidente".

Per esempio, aggiungono i gestori, "durante i gloriosi anni ’90, non c’è quasi mai stata una relazione tra commodity e dollaro. Poi, nella fase di ripresa all’indomani dello scoppio della bolla delle dotcom, cioè tra il 2003 e il 2006, la relazione si è nuovamente indebolita".

"Per questo - continuano i gestori - non accettiamo l’estrema semplificazione secondo la quale tutto quello che serve per avere una view sulle materie prime è sapere la direzione del dollaro americano. Certo, se si può comprendere il tipo di quadro in cui il dollaro si sta muovendo, questo aiuta".

"Guardando al periodo tra il 1990 e il 2015 - proseguono - per il 61% del tempo abbiamo riscontrato una correlazione negativa tra il dollaro americano e le materie prime; per il 39% del tempo, una correlazione positiva. Quest’ultima percentuale può essere ulteriormente suddivisa in un 23% di tempo in cui sia le commodity sia il dollaro si sono mossi al rialzo, e per un 16% del tempo in cui entrambi hanno mostrato performance negative".

"In linea generale - concludono - durante i cicli di rialzo dei tassi di interesse della Federal Reserve, abbiamo visto un regime di correlazione positiva in cui sia il dollaro sia le materie prime sono saliti: ciò è particolarmente evidente nei periodi giugno 1996 – marzo 1997; marzo 1999 – gennaio 2000 e giugno 2003 – dicembre 2005. Queste fasi si sono contraddistinte per rialzi dei tassi di interesse e per una forte crescita economica".

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