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Borsa: rapporto Consob, Stato e famiglie restano principali azionisti imprese

16 febbraio 2017 | 21.34
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Borsa: rapporto Consob, Stato e famiglie restano principali azionisti imprese

La struttura proprietaria delle imprese italiane quotate continua a connotarsi per elevata concentrazione e limitata contendibilità, con Stato e famiglie che continuano ad essere i principali azionisti di controllo e le donne che nei board faticano a ritagliarsi cariche esecutive. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto Consob sulla governance.

In particolare le società quotate controllate da famiglie sono circa il 61%. In termini di capitalizzazione predominano le imprese per le quali non è identificabile un ultimate controlling agent (36% del valore di mercato complessivo), ossia quelle non controllate o controllate da società a proprietà dispersa. Il dato, si sottolinea nel rapporto, è eterogeneo tra settori, essendo quello finanziario il comparto che annovera la maggiore presenza di società non controllate (più del 50%); il 75% delle imprese industriali sono invece di tipo familiare, mentre lo Stato e gli enti locali sono presenti per lo più nelle maggiori società di servizi.

La quota del primo azionista è lievemente calata rispetto al valore di lungo periodo (dal 48,7% nel 1998 al 46,7% nel 2015), ma si ravvisano, tuttavia, alcuni cambiamenti: continua a diminuire il peso delle coalizioni, sia in termini numerici sia in termini di capitalizzazione; aumenta il peso delle imprese a proprietà dispersa. E quanto agli assetti, a fine 2015 circa il 10% delle imprese è controllata da un soggetto straniero (8,5% nel 2010), con una quota media pari al 47% (37,3% nel 2010)

Continua a diminuire il peso dei gruppi piramidali. A fine 2015, il 18% delle imprese (56,3% della capitalizzazione di mercato) appartiene a gruppi verticali/misti a fronte del 39% circa (78% del valore di mercato) nel 1998 e si sono ridotti leva, wedge e numero medio di imprese parte di gruppi verticali. Quanto alla separazione tra proprietà e controllo, a fine 2016 le società che hanno introdotto nello statuto le loyalty shares(azioni che garantiscono un diritto di voto maggiorato) sono 26, mentre un’impresa ha previsto l’emissione di azioni a voto plurimo in fase di quotazione.

Il rapporto esamina anche la composizione dei board mettendo in evidenza che a fine 2015 gli amministratori delle società quotate sono prevalentemente italiani, laureati nell’85,6% dei casi (post‐laurea nel 20,5%), manager nel 70% dei casi, family nel 15,8% dei casi e hanno in media 56,7 anni. E' nel settore dei servizi che è maggiore la percentuale di amministratori stranieri, laureati e in possesso di un titolo di studio post‐laurea; l’età media è più bassa.

La Consob rileva poi che nelle società controllate da istituzioni finanziarie gli amministratori sono mediamente più giovani e più istruiti; ed è più frequente la presenza di stranieri. Rispetto al 2012 è cresciuta la percentuale degli amministratori laureati e con titolo post laurea, è aumentata la diversificazione del profilo professionale, è aumentata lievemente la presenza degli amministratori stranieri, è rimasto sostanzialmente stabile il peso degli amministratori family, si è ridotta l’età media.

I cambiamenti nella composizione del board sono guidati prevalentemente dall’ingresso delle donne. Con la legge 120/2011 la rappresentanza femminile è cresciuta in modo consistente: a fine 2016 le donne ricoprono il 31,6% dei posti di consigliere (7,4% nel 2011), il numero di diverse‐board companies è passato da 135 nel 2011 (52%) a 226 nel 2016 (99%). Resta però aperta la questione del ruolo. Nel rapporto si sottolinea che le donne continuano a ricoprire prevalentemente cariche non esecutive. Aumenta il peso delle donne indipendenti (dal 60% nel 2013 al 69% nel 2016), mentre rimane marginale il ruolo di amministratore delegato (passato dal 3,2% al 2,5%) È cresciuta l’incidenza delle donne interlocker (dal 18% nel 2013 al 30% nel 2016).

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