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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

18 marzo 2014 | 09.41
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Roma, 18 mar. (Labitalia) - "Ci stiamo lavorando, a breve andrò in Parlamento a dare le linee programmatiche, che toccheranno vari aspetti. Di certo, la riforma conterrà il tema dell'accesso alla dirigenza, perché è importante ripartire dall'alto e non dal basso. E credo non abbia senso che i dirigenti restino inamovibili nello stesso posto fino a fine carriera". Così Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione e della Semplificazione, in un'intervista a 'La Stampa', sulla riforma della pa.

E sulle nomine del presidente dell'Istat e dei 4 membri dell'Anticorruzione, dice: "dobbiamo ancora definire le modalità, ma la mia intenzione è di richiedere autocandidature per dare trasparenza a processi che finora non l' hanno avuta".

"Va dato atto al giovane primo ministro italiano di aver avuto il coraggio di esplicitare, anche in importanti vertici europei, una verità che si è fatta strada in questi anni di crisi, tra macerie sociali e crescenti diseguaglianze: l'Europa che intende davvero puntare in alto e uscire dalla recessione deve farla finita con le politiche di austerità". A sostenerlo, in un'intervista a 'L'Unità' è Jean-Paul Fitoussi, professore emerito all'Institut d'Etudes Politiques di Parigi e alla Luiss di Roma.

Per Firoussi "Renzi si è posto l'obiettivo di attaccare due problemi che sono alla base di una politica di crescita; le diseguaglianze, cercando di ridurle anche agendo con la leva fiscale, meno invasiva verso le fasce meno abbienti, e soprattutto aumentando i redditi delle fasce più deboli. E nell'agire in questa direzione Renzi -conclude Fitoussi- non è mosso solo da un principio di giustizia sociale, che per gli esegeti del mercato potrebbe dire poco o niente, ma agendo sugli investimenti, anche pubblici, Renzi ha compreso che questo è l'unico modo per rimettere in moto i consumi, inesistenti se non s' interviene sui redditi. Per questo, ritengo che un lungimirante "anti rigorismo" -conclude l'economista- è l' unica via per agire sulla domanda, oggi bloccata, e per rilanciare una politica di investimenti pubblici nei settori strategici, quelli portatori di futuro".

"Il prossimo obiettivo che dobbiamo avere è quello di allentare o mettere del tutto in discussione il Patto di stabilità interno. Obiettivo del resto coerente con le proposte messe in campo. Penso agli investimenti degli enti locali, al piano casa, agli interventi per il dissesto idrogeologico. E' una morsa di cui dobbiamo assolutamente liberarci". Così Pier Paolo Baretta, sottosegretario all' Economia, in un'intervista a 'L'Unità', fa il punto sulle prime mosse del governo Renzi.

Per Baretta "va evitato un equivoco: il nostro debito non dipende dal Fiscal compact, il nostro 130% è troppo in assoluto. Abbiamo una palla al piede che vale 30mila euro per ogni italiano: quello che dobbiamo avere è una convinta strategia di rientro dal debito. Di tutto il resto - percentuali, tempi, modi - si può discutere".

"Non condivido il dogma secondo il quale se un decreto è del governo lo dobbiamo approvare a scatola chiusa. Il lavoro parlamentare può aggiustare, correggere, cancellare. A mio avviso 3 anni con 8 rinnovi e senza alcuna causale sono francamente troppi". Lo afferma il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, del Pd, in un'intervista a 'Il Manifesto'.

E Damiano aggiunge "segnalo un altro punto: se mettiamo a disposizione delle imprese questo nuovo contratto a termine e un apprendistato che non fissa più alcuna percentuale di stabilizzazione, mi domando a che cosa serve una delega che contiene l'istituzione di un contratto di inserimento a tutele crescenti. Con questa 'liberalizzazione' dei contratti, quello di inserimento è bello che morto, perché non converrebbe alle imprese".

"Se Matteo Renzi fosse un ciclista giudicheremmo il suo inizio in questo modo. È partito, si impegna, pedala con entusiasmo, ma per ora è in pianura. Le salite devono ancora arrivare. Non è chiaro che cosa riuscirà a fare, perché con le montagne il ciclista Renzi non si è ancora cimentato. E in questa corsa ci saranno tante salite e avversari difficili". Così, in un intervento sul Corriere della Sera, gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi.

"La prima -spiegano- è la riforma del mercato del lavoro. Renzi ha proposto varie semplificazioni dei contratti a tempo determinato e dell' apprendistato: bene, ma era relativamente facile. La salita arriverà quando si dovrà decidere se abolire l' articolo 18 per i nuovi assunti. Ovvero, se si vorrà adottare -concludono- il modello proposto da Pietro Ichino: un contratto uguale per tutti, senza differenziazione fra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, e che consenta alle aziende di licenziare con costi crescenti, ad esempio facendo pagare loro una quota del sussidio di disoccupazione tanto più elevata quanto maggiore era l'anzianità del lavoratore licenziato".

"Non basta la maglietta di Mario Gomez per fare cambiare idea al governo tedesco. I tedeschi sono convinti che il grande spazio europeo si costruisca omogeneizzando i criteri con i quali mantenere la stabilità del Continente. La loro diagnosi è diversa dalla nostra, non pensano che alla base delle difficoltà ci sia il rigore, anzi". Così, in un'intervista al 'corriere della Sera', il professor Angelo Bolaffi, germanista, uno dei massimi esperti del rapporto tra Roma e Berlino.

Secondo Bolaffi i tedeschi "in prima istanza non vogliono guai. Ma sanno anche che se il governo italiano non farà riforme serie prima o poi i guai arriveranno. Dato il livello di integrazione delle economie italiana e tedesca, per loro è essenziale che noi cambiamo. Il rapporto è così stretto che un problema da noi è un problema per loro. E ne hanno piena coscienza".

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