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Pmi: Consulenti lavoro, 51% opera all’estero, troppe difficoltà in Italia

25 giugno 2014 | 16.42
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E’ uno dei dati che emergono dalla ricerca presentata in occasione del congresso della categoria.

Pmi: Consulenti lavoro, 51% opera all’estero, troppe difficoltà in Italia

Il 51% delle piccole e medie imprese opera all’estero, spesso per difficoltà nel mercato interno. Come dire: proviamo fuori perché in Italia non abbiamo più opportunità.

E’ uno dei dati che emergono dalla ricerca presentata in occasione del congresso dei consulenti del lavoro, che precede la nuova edizione del ‘Festival del lavoro’, in corso a Fiuggi (curata da Stefano Mustica e Andrea Pozzatti su un campione di imprese rappresentative), con la quale i consulenti del lavoro mostrano come buona parte dello sviluppo occupazionale atteso nel Paese dipenda dalla capacità di organizzare una offerta formativa adeguata ai fabbisogni professionali delle piccole e medie imprese, che vanno rilevati e monitorati costantemente.

Secondo i consulenti, le pmi nei prossimi anni sono destinate a diventare il punto di riferimento per quei settori legati all’innovazione e con una forte propensione all’esportazione, che possono determinare l’attesa crescita dell’occupazione. E quindi, secondo i professionisti, “per capire dove va il lavoro dobbiamo sapere quali sono i fabbisogni in termini di servizi professionali delle piccole e medie imprese e saperli promuovere e sostenere”.

Secondo la ricerca, “la crescita delle piccole e medie imprese italiane dipende dalla capacità di proporre ed organizzare adeguati servizi di consulenza professionale per rispondere ai cambiamenti necessari per lo sviluppo delle aziende e per creare occupazione aggiuntiva”.

I dati delle indagini sulla natalità/mortalità delle piccole e media imprese e in particolare delle microimprese, spiegano i professionisti, “evidenziano che molte di queste non resistono alle difficoltà del mercato e alla competizione, a causa della ‘mancanza di conoscenze imprenditoriali’, cioè non si hanno le competenze per gestire nel miglior modo possibile gli aspetti di base per far crescere e sviluppare il proprio business: senza le competenze e conoscenze di base non è possibile operare in nessun mercato, non solo nel difficile mercato italiano”.

Un altro aspetto importante, spiegano i professionisti, “è la maggiore consapevolezza dell’importanza del capitale umano: dall’analisi delle priorità produttive emerge come accanto all’importanza di materie prime e servizi, i costi di produzione e la competenza professionale del personale sono in cima alla lista delle imprese intervistate”.

Gli imprenditori confermano nella ricerca questa valutazione anche quando segnalano quali siano i fattori di competitività: costi concorrenziali (22,9%), qualità dei prodotti/servizi offerti (18,8%), investimenti nella formazione delle risorse umane (17,2%) e qualità delle risorse presenti in azienda (16,6%). La ricerca mostra quindi come sia chiara la percezione di come i fattori di rafforzamento dei sistemi produttivi debbano puntare alla qualità ed alla specializzazione anche attraverso le risorse umane.

Come emerge dalla ricerca, “l’imprenditore sa cosa è chiamato a fare per far crescere la propria azienda in termini di qualità del prodotto e del servizio e di presenza sui mercati, ma non è per ora ancora in grado di farlo. Emerge quindi un’esigenza, da considerare con attenzione: le piccole e medie imprese hanno bisogno di un supporto in termini di organizzazione, creatività, novità, innovazione. E’ un ambito di azioni che offre spazi alle società di consulenza e di servizi avanzati, e anche alla funzione che possono svolgere i consulenti del lavoro legata al monitoraggio dei costi e alla gestione e promozione delle risorse umane”.

“Il piccolo imprenditore italiano, la cui attività è centrale per dare prospettive allo sviluppo e alla creazione di nuovo lavoro, in questi anni -si legge nell’indagine- è concentrato sulla propria sopravvivenza, ma ha anche capito la necessità di mettersi in discussione, di puntare sulla qualità e di adottare una diversa strategia in termini di organizzazione aziendale”.

“Per questo motivo, oggi esiste e va alimentata e sostenuta -continua la ricerca- una domanda di consulenza strategica che affianchi l’imprenditore di esperti e consulenti sull’organizzazione, le risorse umane, la gestione aziendale, i costi, l’accesso a incentivi e contributi, la pianificazione. Sono funzioni necessarie alla crescita del sistema delle Pmi italiane che il datore di lavoro e proprietario non può svolgere direttamente, ma che sono essenziali alla crescita della sua azienda”.

Quindi, si spiega, è “compito dei consulenti del lavoro portare il terziario avanzato, la consulenza di impresa e la gestione del capitale umano all’attenzione del nostro capitalismo molecolare, di questa importante rete di piccole e medie imprese che rende la nostra economia più forte e che oggi ha bisogno di riferimenti , come i consulenti del lavoro, per fare il necessario e non più rimandabile salto di qualità”. “Per cogliere questo obiettivo, importante per la funzione dei consulenti del lavoro ma ancora di più per il nostro tessuto di impresa diffusa, diventa essenziale - si sottolinea - il riconoscimento del bisogno da parte delle imprese e la percezione della capacità di risposta da parte dei consulenti del lavoro”.

“Comunicare la consulenza del lavoro -osserva l’indagine- costituisce quindi una sfida fondamentale per la categoria: per promuovere con esito positivo nei confronti del cliente una consulenza strategica o dei servizi innovativi, almeno per la gran parte delle micro e piccole imprese, risulterà prioritario riuscire a farne comprendere il valore per l’impresa. Diventa quindi indispensabile attivarsi per rendere quanto più concreta possibile la comprensione dell’importanza ed utilità dei servizi proposti”.

“Il consulente del lavoro è oggi chiamato -conclude la nota- ad aiutare le imprese a riconoscersi e a vedersi operative ed efficienti nella prospettiva del futuro: per poter contribuire alla crescita della professione e a dare forza in questo modo anche all’economia italiana”.

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