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Pa: Confsal-Unsa, difesa salario è diritto, non siamo casta

10 settembre 2014 | 17.10
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Battaglia: "Chiediamo con forza una nuova politica di sostegno ai redditi e una politica fiscale e del lavoro".

Pa: Confsal-Unsa, difesa salario è diritto, non siamo casta

"Al premier Renzi chiedo di aprire la trattativa sui rinnovi contrattuali della P.a.. Questo atto di democrazia partecipata non deve essere visto come la difesa di una casta privilegiata, ma il grido di 3 milioni di lavoratori che difendono il loro giusto salario che va da 1.200 a 1.500 euro al mese. I dipendenti pubblici non sono certo una casta da 20.000 euro al mese. Eppure, con il loro 'divide et impera', mettendo le categorie sociali l’una contro l’altra, è stata sempre l’abilità dei politici". Lo dichiara Massimo Battaglia, segretario generale della Federazione Confsal-Unsa. "Chiediamo con forza una nuova politica di sostegno ai redditi e una politica fiscale e del lavoro", prosegue Battaglia. "L’impoverimento e la distruzione del ceto medio del nostro paese di cui tanto si parla - avverte - passa anche attraverso il barbaro attacco ai lavoratori pubblici che pagano sulla pelle delle loro famiglia il merito di aver vinto un concorso e di guadagnare 1.300 euro al mese".

"Il nostro Centro studi, intitolato alla memoria dell’ex segretario generale dell’Unsa Renato Plaja, ha calcolato che il sacrificio economico per i mancati rinnovi contrattuali dal 2010 supera come minimo gli 8.000 euro a testa - spiega Battaglia - a cui vanno sommati gli effetti della perdita del potere di acquisto dello stipendio, che oggi vale meno di ieri, e l’aumento delle tasse di ogni tipo".

"Per questo, per protestare contro l’intenzione del governo di bloccare anche per il 2015 gli stipendi dei dipendenti pubblici, con l’eccezione sembra per il personale del comparto sicurezza che ha vibratamente protestato e che sarà ascoltato, la Federazione Confsal-Unsa ha già dichiarato lo stato di agitazione e nei primi di ottobre scenderà in piazza, sola o con altre organizzazioni sindacali, per far sentire al governo l’esasperazione dei lavoratori pubblici", conclude.

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