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Sciopero: Pirani (Uiltec), no a Jobs Act, sarà incentivo a licenziamenti

11 dicembre 2014 | 12.09
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Alla vigilia dello sciopero generale indetto insieme a Cgil, il segretario generale dei chimici, tessili e manifatturiero della Uil spiega a Labitalia i motivi della protesta: la legge di stabilità non è di sviluppo; sciopero non è decisione tardiva. A Renzi dice: i problemi si risolvono assieme e alla Cisl: no a divisioni sindacali. (video)

Paolo Pirani - (foto Labitalia)
Paolo Pirani - (foto Labitalia)

La Uiltec scenderà in piazza domani, venerdì 12 dicembre, per esprimere il proprio dissenso sul Jobs Act, sulla legge di stabilità e sulle decisioni in materia di pubblica amministrazione. Il segretario generale della categoria della Uil che rappresenta i lavoratori dell'industria, del manifatturiero, dell'energia e della chimica, Paolo Pirani, spiega a Labitalia le ragioni dello sciopero, a partire dal Jobs Act. "Purtroppo -dice- sono delle misure inutili che divideranno ancora di più i lavoratori e divideranno i cosiddetti garantiti dai meno garantiti. Si creerà un doppio mercato del lavoro, più di quello che già c'è".

Il contratto a tutele crescenti non convince il sindacato. "Se il governo crede tanto in questo contratto -avverte Pirani- potrebbe decidere di trasformare tutti i precari della Pa, visto che è lui il loro datore di lavoro, e assumerli tutti col contratto a tutele crescenti. Ma in realtà si introdurrà l'ennesima forma di lavoro con scarse garanzie", sottolinea Pirani che evidenzia anche un rischio. "Abbiamo fatto i calcoli -spiega- e in realtà c'è un incentivo per il datore di lavoro a licenziare i lavoratori assunti col contratto a tutele crescenti prima che finiscano i vantaggi economici dell'assunzione. E quindi questa tipologia avrebbe un effetto opposto a quello che si vuole realizzare".

Del resto, evidenzia Pirani, "se il Jobs Act fosse una forma utile allo sviluppo, non si sarebbe verificato un ulteriore declassamento del debito italiano sui mercati internazionali". "Il Paese non cresce: questo è il problema -spiega il leader della Uiltec- e si possono fare tutte le riforme che si vuole del mercato del lavoro, ma se non si ricomincia a investire, a produrre, a creare ricchezza, la situazione è destinata a peggiorare giorno dopo giorno".

Dunque, la Uiltec dice 'no' all'impianto del Jobs Act e la polemica non si ferma alla revisione dell'articolo 18. "L'articolo 18 -precisa il segretario generale- è una forma di civiltà che esiste in diverse modalità in tutti i Paesi civili e che impedisce al lavoratore di essere cacciato via senza nessun motivo. Ma nel Jobs Act si dice in esplicito che il lavoratore potrebbe essere licenziato per motivi economici anche ingiustificati, semplicemente pagando una multa".

"Credo che non ci sarà nessun datore di lavoro così stupido da mettere in atto un licenziamento discriminatorio: basta fare un licenziamento ingiustificato per motivi economici", rimarca Pirani.

E nel Jobs Act c'è anche, aggiunge Pirani, "la possibilità per legge di demansionare il lavoratore 'senza colpo ferire'". "Sul demansionamento si fanno già accordi con le aziende -ricorda- e le organizzazioni sindacali in caso di crisi, ma con questa legge non c'è bisogno dell'accordo. Basta un atto unilaterale, in cui si dice al lavoratore: o ti demansiono o ti licenzio. Il datore non deve giustificare Nient'altro se non pagare una multa. Mi pare una cosa -conclude- francamente inaccettabile". 

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