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Pa: Confsal, serve confronto su 'privatizzazione' rapporto lavoro

15 gennaio 2015 | 13.21
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Nigi: "Governo e il Parlamento devono decidere in tempi brevi".

Pa: Confsal, serve confronto su 'privatizzazione' rapporto lavoro

“La Confsal ritiene che non sia più rinviabile un confronto politico-istituzionale sulla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego”. Così Marco Paolo Nigi, segretario generale della Confsal, in occasione del Consiglio generale del sindacato, interviene sulla polemica sull’applicabilità del Jobs Act al pubblico impiego.

“Noi abbiamo sempre sostenuto - ricorda - che la privatizzazione 'parziale' e la contrattualizzazione 'all’italiana' nel pubblico impiego non sia più sostenibile. Le ripetute incursioni del legislatore in primarie materie contrattuali hanno di fatto 'ripubblicizzato' il pubblico impiego”.

“A nostro parere, il governo e il Parlamento devono decidere in tempi brevi - ribadisce - se il pubblico impiego deve essere regolato da un sistema privatistico 'pieno' o dal sistema pubblicistico in tutte le materie riguardanti il rapporto di lavoro. Per noi è inaccettabile che il pubblico impiego cada nel sistema privatistico o in quello pubblicistico secondo la convenienza del datore di lavoro pubblico, con le conseguenti discriminazioni e iniquità a danno dei lavoratori pubblici”.

“Il blocco 'pluriennale' dei rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici per effetto di legge, la mobilità coatta nella previsione del decreto Madia e la possibilità dell’anticipazione del Tfr preclusa ai lavoratori pubblici della legge di stabilità 2015 - avverte Nigi - sono soltanto alcuni esempi di gravi penalizzazioni di dubbia costituzionalità per i dipendenti della pubblica amministrazione”.

Il segretario generale ricorda, quindi, le cinque rivendicazioni condivise dalle Federazioni del pubblico impiego aderenti alla Confsal: “Il rinnovo dei contratti di lavoro; il ripristino pieno del turn over; la stabilizzazione dei rapporti di lavoro dei precari in coerenza con la normativa europea; il mantenimento degli effetti economici delle progressioni stipendiali legate alle carriere; la cessazione delle invadenze del legislatore in materia contrattuale”.

“Si tratta di una piattaforma rivendicativa legittima che al momento risulta disattesa dal governo”, conclude.

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