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Sostenibilità: Federdistribuzione, per imprese Dmo è leva economica

14 aprile 2015 | 14.03
LETTURA: 6 minuti

Nuova edizione del Bilancio di sostenibilità di settore .

Giovanni Cobolli Gigli presidente Federdistribuzione
Giovanni Cobolli Gigli presidente Federdistribuzione

Per le imprese della distribuzione moderna organizzata (dmo) la sostenibilità è una leva economica e un valore distintivo. E' quanto emerge dalla nuova edizione del Bilancio di sostenibilità di settore, realizzato con la collaborazione di Altis, Alta scuola impresa e società dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e presentato oggi da Federdistribuzione.

Il Bilancio di sostenibilità di settore pone in evidenza le attività intraprese dalle aziende nei principali ambiti nei quali si esercita la responsabilità sociale: clienti, collaboratori, fornitori, ambiente, comunità, corporate governance, comunicazione istituzionale e certificazioni volontarie.

Dalla nuova edizione emerge un settore in movimento verso una maggiore consapevolezza del proprio impatto sociale e ambientale. Rispetto alla prima edizione del Bilancio, l’impegno delle aziende della distribuzione è cresciuto. Infatti, verificando gli indicatori misurati sia nel 2012 che nel 2014, cresce il numero di imprese che ha messo in atto buone pratiche nei confronti dei clienti (+11%), dei collaboratori (+9%), dei fornitori (+15%), dell’ambiente (+5%), delle comunità (+3%), della corporate governante (+2%) e della comunicazione (+12%). Mentre per quanto riguarda l’area certificazioni, si registra una variazione nulla. Questo a causa della natura del processo di certificazione che richiede tempi lunghi e investimenti consistenti.

"Vogliamo trasmettere l’idea -dichiara Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione- che l’impegno delle imprese nei confronti dell’ambiente, di collabori e clienti, verso i fornitori e verso la comunità non è sporadico o casuale, ma rappresenta un atto consapevole, che entra a far parte della più autentica strategia d’impresa e sul quale il commitment è molto forte".

"E’ la testimonianza che la sostenibilità -fa notare- non viene più intesa solo come una leva di posizionamento ma sta diventando una leva economica. C’è un termine che, secondo noi, sintetizza e racchiude il concetto di sostenibilità perseguito dalle imprese distributive: è il 'fair price', cioè il prezzo giusto, equo al quale il consumatore può soddisfare il proprio bisogno".

"Il consumatore non compra solo un prodotto -avverte Giovanni Cobolli Gigli- ma compra tutto quello che c’è intorno: compra convenienza, servizio, scelta, qualità, sicurezza, ambientazione, igiene, competenza del personale. Ma compra anche rispetto della legalità, applicazione dei contratti di lavoro, correttezza fiscale e vera concorrenza tra operatori".

“Questa è, secondo noi, la sostenibilità: non un concetto astratto o indefinito, vago, ma una serie di azioni concrete -sottolinea- che creano distintività rispetto agli altri operatori del mercato e che oggi sono documentate dalla seconda edizione del bilancio di sostenibilità”.

“Attraverso la realizzazione del Bilancio di sostenibilità di settore -spiega il presidente di Federdistribuzione- abbiamo voluto anche fare chiarezza su alcuni temi importanti per la vita delle nostre imprese, dei territori e della società. Due ci stanno particolarmente a cuore, perché riguardano argomenti sui quali soffriamo un’immagine che non riteniamo adeguata a ciò che in realtà facciamo".

“Il primo è legato all’ambiente: le aziende della distribuzione moderna organizzata sono consapevoli degli impatti che le proprie strutture hanno sul territorio -ricorda- e proprio per questo adottano pratiche virtuose indirizzate a limitarne al massimo gli effetti".

"Pratiche che vanno -continua- dalla ricerca di continua efficienza energetica (utilizzo di fonti rinnovabili) e di diminuzione del consumo di risorse come l’acqua, all’ottimizzazione della gestione dei rifiuti, alla riduzione e riutilizzo degli imballi fino ai programmi di reimpiego di materiali invenduti (per quanto riguarda le aziende del non alimentare) e di donazione delle eccedenze alimentari (due azioni, queste ultime, che contribuiscono a ridurre i prodotti destinati a rifiuto)".

"Tutte attività che trovano -afferma- una loro naturale implementazione nei nuovi punti vendita o in quelli che vengono ristrutturati, ciascuno dei quali rappresenta un passo avanti in ambito di collocazione della realtà commerciale nel tessuto locale. Il Bilancio di sostenibilità di settore descrive e quantifica queste attività, dando ragione di tutto ciò che viene implementato per la sostenibilità ambientale".

"Il secondo tema riguarda -ricorda- il lavoro nella Dmo, spesso additato come precario. La struttura della forza lavoro nelle nostre imprese vede, nel 2014 (dato recentissimo misurato da PricewaterhousCoopers e aggiornato anche rispetto a quanto pubblicato nel Bss), il 92% dei collaboratori con contratto a tempo indeterminato, a fronte di una media nazionale dell’86%".

"Sono collaboratori -sostiene- per la maggior parte donne (58%), giovani (l’85% ha meno di 50 anni) e istruiti (il 62% ha un diploma superiore o una laurea). Il capitale umano è un fattore fondamentale per il successo delle nostre imprese e deve essere valorizzato: gli investimenti in formazione per ogni collaboratore (full time equivalent) nel 2014 è risultato pari a 2,3 volte quello realizzato nel 2006".

"Nelle aziende si sviluppano -assicura- scuole per la formazione di professioni quali panettieri, salumieri, macellai ma anche visual merchandiser, falegnami, personal shopper, ecc. Anche questo capitolo sul lavoro è ampiamente trattato nel Bss, per descrivere una realtà viva, nella quale la ricerca della conciliazione vita-lavoro è una priorità tenuta in grande considerazione".

“Dal punto di vista dei contenuti -osserva Mario Molteni, direttore di Altis-rispetto alla prima edizione, che pur aveva il merito di mettere a sistema per la prima volta l'impatto economico sociale e ambientale della Dmo sul sistema Paese, il Bss 2014 rappresenta una decisa evoluzione in termini di rendicontazione: gli indicatori presentati nel 2014 sono stati 96 contro i 49 della prima edizione del Bilancio; le best practices delle aziende sono passate dalle 15 del 2012 alle 60 per la nuova edizione".

"Ancora più rilevanti, però, i risultati emersi: l’analisi del trend in merito alla diffusione di pratiche di Rsi nelle aziende associate -rimarca- delinea l'immagine di un settore caratterizzato da grande dinamismo e creatività, prova ne è non solo l’incremento del livello di adesione alle istanze di Rsi, rispetto alla prima edizione del Bss, ma anche la presenza di soluzioni estremamente creative ideate dalle imprese per rispondere alle istanze sociali e ambientali dei propri stakeholder".

La seconda edizione del Bilancio di sostenibilità di settore, precisa Molteni, "racconta di aziende che credono e investono in iniziative di responsabilità sociale e ambientale, assumendo il ruolo di propulsore di crescita". "Poste a valle del processo produttivo e direttamente in contatto con il mercato finale, le aziende della Dmo - spiega - sono in grado di influenzare profondamente le filiere produttive a monte e costituiscono il punto di dialogo privilegiato con consumatori-clienti".

"Consapevoli di ciò -avverte- le aziende associate aumentano gli investimenti prioritariamente in iniziative di responsabilità sociale d'impresa, a favore di fornitori (trend di crescita rispetto al 2012 del +15%) e clienti (trend di crescita rispetto al 2012 del +11%) e nelle attività di comunicazione della rsi (+ 12% rispetto al 2012) facendosi interpreti del ruolo di acceleratori di un percorso di responsabilità sociale di impresa volto a sensibilizzare, creare consapevolezza e orientare i comportamenti di persone e aziende".

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