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Pensioni: Brambilla, da Fornero classico errore da professori

04 maggio 2015 | 16.56
LETTURA: 4 minuti

La proposta dell'esperto, deindicizzare tutte le pensioni ma usare risorse per credito imposta su occupazione

Alberto Brambilla (foto Labitalia)
Alberto Brambilla (foto Labitalia)

"Gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Fornero si avvicinano molto ai 4,8 miliardi di euro. Questa la cifra che il governo dovrà trovare per rimborsare meno di 5,3 milioni di pensionati. Questo errore compiuto dalla Fornero, come quello sugli esodati, è il classico errore da professori, di chi ha in tasca la verità e di chi non ha voluto ascoltare le voci che le dicevano che era una manovra sbagliata". Lo dice a Labitalia Alberto Brambilla, già sottosegretario al ministero del Welfare con delega alla previdenza sociale, docente all'Università Cattolica di Milano e tra i massimi esperti italiani di pensioni, aggiungendo: "E non finisce qui, perché a settembre andrà al vaglio della Consulta il ricorso contro il contributo di solidarietà deciso dal governo Letta".

Brambilla è stato anche presidente del Nucleo di valutazione della spesa pensionistica presso il ministero del Lavoro, task force che aveva un compito di monitoraggio, e che è stata chiusa nel 2012 (tra i componenti c'erano anche Gianni Geroldi, Antonio Golini e Carlo Dell'Aringa). E da quella presidenza Brambilla si era dimesso in aperta polemica proprio con il ministro Fornero.

"Proprio noi del nucleo avevamo, tra le altre cose, avvertito il ministro, di non fare questa scelta di bloccare l'indicizzazione solo a una parte di pensionati perché la cosa non sarebbe passata. Ma lei ci ha messo solo nelle condizioni di presentare le dimissioni", ricorda Brambilla.

Adesso si apre un problema consistente nei conti pubblici italiani. "La cifra più vicina al vero è quella ipotizzata dall'Avvocatura dello Stato cioè 4,8 miliardi. Forse con qualcosa in più perché -dice Brambilla- la rivalutazione andrà calcolata su un assegno che nel 2014 aveva già avuto un piccolo incremento per effetto dell'inflazione. Ma si tratta di cifre minime". Adesso per rimediare a questo ennesimo 'buco' nelle finanze pubbliche Brambilla lancia una proposta, la stessa che presenterà presto a Poletti. "Dobbiamo fare delle misure efficaci e al contempo -premette- fornire alla Corte delle motivazioni valide al nostro operato".

"Attualmente - ricorda - siamo in un sistema previdenziale a ripartizione (se le entrate contributive non sono sufficienti, la spesa pensionistica è coperta con altri trasferimenti dalla fiscalità generale, ndr). Nel 2013 l'Inps ha evidenziato un buco da 25 miliardi, nel 2014 le cose sono andate peggio perché abbiamo perso circa 1 milione di posizioni attive. Occorre, dunque, mettere in sicurezza il sistema pensionistico e per farlo, devo per forza incentivare l'occupazione, aumentando così i lavoratori attivi".

Per fare questo, spiega Brambilla, "è dimostrato che funziona una leva fiscale, un abbassamento del costo del lavoro che in Italia è molto alto". "Ma questo vantaggio fiscale - precisa - deve essere permanente e non sporadico. E per avere le risorse necessarie posso scegliere tra due strade: o una deindicizzazione delle pensioni, ma di tutte le pensioni -sottolinea- o un contributo di solidarietà su tutte le pensioni".

"Ciò detto, poi gli incentivi all'occupazione - dice - potrebbero essere mirati sostanzialmente a due fasce: gli under 29 e gli over 50. Così facendo si va anche a un naturale esaurimento della richiesta di agevolazioni, perché nel giro di qualche anno si stabilizza l'occupazione giovanile e si accompagna con il lavoro attivo il cinquantacinquenne alla pensione".

Senza contare che, sottolinea il professore, "così facendo, si risparmia circa 1 miliardo l'anno di cig o Naspi come la si voglia chiamare". "Giuliano Amato nel 1992 -ricorda Brambilla- in un'Italia in piena crisi economica, con gli enti pubblici previdenziali commissariati, con mezzo governo indagato o in galera per Tangentopoli, fece una riforma coraggiosa delle pensioni, bloccando l'indicizzazione sull'intera filiera delle pensioni. E' una questione di volontà politica".

Insomma, dice Brambilla, "il governo dei tecnici non ne ha voluto sapere di fare scelte impopolari", e ora "paghiamo tutti quelle non scelte". Anche perché, ricorda, "in Italia ci sono molti milioni di pensionati che percepiscono un assegno pensionistico avendo lavorato 10 anni e ci sono 5 milioni di pensionati a cui lo Stato paga l'integrazione al minimo, vale a dire che percepiscono un assegno per il quale non hanno pagato i contributi sufficienti".

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