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Wojtyla: Zani, amava la natura e il martedì 'fuga' dal Vaticano e andavamo in montagna

01 aprile 2015 | 20.33
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La guida alpina di Giovanni Paolo II, per 21 anni al suo fianco, lo ricorda con l' Adnkronos a 10 anni dalla morte: "Dalle sciate sui ghiacciai d'estate alle lezioni di vita ad alta quota per me è sempre vivo, la sua opera continua"

Wojtyla: Zani, amava la natura e il martedì 'fuga' dal Vaticano e andavamo in montagna

"Il martedì era difficile trovarlo in Vaticano, il Vaticano per lui era come una prigione, amava la natura e quando poteva scappava in montagna e io lo accompagnavo". Lino Zani, guida alpina, ricorda così con l'Adnkronos il suo amico Giovanni Paolo II e quel rapporto tutto particolare che Wojtyla aveva con l'azzurro del cielo, il candore della neve, il verde dei prati, il silenzio mistico del Creato.

"Lassù, tra le cose belle che il Signore ci ha fatto - dice Zani - il Santo Padre si sentiva davvero vicino al Cielo e trovava grandi momenti di preghiera. L'immagine più bella che ho di lui - ricorda Zani - è quando per la prima volta l'ho visto pregare: era il secondo giorno che ci conoscevamo, sull'Adamello. Lui si ferma, su un sasso bianco con questo sole stupendo e inizia a pregare".

L'incontro tra Zani e Wojtyla avviene nel 1984 quando l'allora Pontefice decide di trascorrere tre giorni sull'Admello, nel rifugio gestito dai genitori di Lino. "Avevamo organizzato questa sua visita segreta che è stata poi in parte 'rovinata' dalla presenza del Presidente Sandro Pertini - dice Zani - rovinata perché Pertini non ha saputo mantenere il segreto e così il Santo Padre ha dovuto accorciare la vacanza di un giorno. Da lì è nata questa bellissima amicizia che è durata poi per 21 anni. Per 10 anni - racconta Zani - abbiamo sciato insieme, il Pontefice era bravo, d'estate sciava per 6-7 ore su piste difficili, anche sul ghiaccio. Poi lui nel '94 è caduto e si è rotto il femore e non abbiamo più potuto sciare ma abbiamo continuato a fare passeggiate in giro per le montagne d'Italia, d'estate a Lorenzago e in Valle D'Aosta e durante le 'fughe' invernali in Abruzzo, a Campo Felice o a Ovindoli".

Difficile riconoscerlo nelle sue 'fughe montanare'. "Era tutto bardato, vestito da sci o da montagna. E poi la sicurezza cercava di fargli fare percorsi in cui comunque si incontrava poca gente - rivela Zani - ma lui si arrabbiava perché gli faceva piacere fermarsi a parlare con le persone vere. La vera santità di Giovanni Paolo era proprio questo rapporto che aveva con tutte le persone. Lui ha incontrato milioni di persone e da tutti tirava fuori qualcosa e poi quando si accorgeva che queste persone che aveva davanti avevano bisogno di qualcosa di più, lui glielo sapeva dare".

Tanti gli insegnamenti ricevuti da Wojtyla nelle 'fughe' nella natura. "Quando ho scalato i miei primi 8.000 metri il Santo Padre mi chiese cosa mi spingesse a salire così in alto. Gli dissi - ricorda - che mi piaceva scoprire quello che c'era al di là. E lui mi disse: 'La montagna è come la nostra vita ma ricordati però che dalla cima si può solo scendere e alle volte bisogna saper rinunciare alla cima'. Questo è uno dei più grandi insegnamenti che mi ha lasciato".

Ma il rapporto con Wojtyla era anche più intimo. "Da maestro di sci - ammette Zani - negli anni gli ho presentato diverse fidanzate. E alla fine mi sono fidanzato con una che era già sposata e c'ho fatto pure una figlia. Così - racconta - ci ho messo un po' di mesi a confessargli questa cosa e quando gliel'ho detto gli ho chiesto pure cosa dovevo fare per essere un buon cristiano. E lui: 'La vera fede è l'amore, quindi quando si ha l'amore la fede c'è di sicuro'".

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