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Trasporti: Pendolaria, Italia a due velocità per i pendolari del treno

17 gennaio 2018 | 14.30
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Italia a due velocità per i pendolari su ferro (5,51 milioni di persone ogni giorno), perché se da una parte cresce il numero complessivo dei pendolari, dall'altra aumentano anche le differenze tra regione e regione e sulla stessa rete ferroviaria, segnata per un verso dai successi dell’alta velocità e per l'altro dai tagli agli intercity e da treni regionali spesso troppo vecchi e lenti.

Nel 2017 il numero dei pendolari che usano il servizio ferroviario regionale, è aumentato con una crescita di 11mila passeggeri al giorno (+0,4% rispetto al 2016), mentre il numero di persone che ogni giorno prende le metropolitane nelle sette città in cui è presente il servizio (Milano, Roma, Napoli, Torino, Genova, Brescia e Catania) ha visto un aumento di 22mila viaggiatori giornalieri (+0,6% rispetto al 2016, stesso trend in positivo come tra 2016 e 2015).

In particolare, sono 2milioni e 841mila i passeggeri che usufruiscono del servizio ferroviario regionale, e oltre 2milioni e 672mila quelli che ogni giorno prendono le metropolitane. Per completare il numero di coloro che ogni giorno prendono il treno sui collegamenti nazionali, vanno aggiunte 40mila persone che viaggiano sugli intercity e 170mila tra Frecce e Italo. A fotografare la situazione del trasporto ferroviario in Italia è Pendolaria, il Rapporto annuale di Legambiente presentato oggi a Roma.

Pesano i tagli, -6,5% treni regionali e -15,5% Intercity

Secondo il rapporto di Legambiente, ai successi dell’Alta Velocità maturati in questi anni (con un'ampia offerta di treni tra Salerno, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Torino e Venezia e un aumento dell’offerta in meno di 11 anni pari al 435%), si affianca una situazione del trasporto regionale che rimane difficile, anche per via della riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-15,5 dal 2010 al 2016) con un calo del 40% dei passeggeri e la diminuzione dei collegamenti regionali (-6,5% dal 2010 al 2016), a seguito dei tagli realizzati nel 2009 dal Governo Berlusconi.

E poi, in alcuni casi, c’è il peggioramento del servizio con disagi e disservizi come accade sulla Roma-Lido di Ostia, linea suburbana gestita da Atac, dove si è registrata una riduzione del 45% dei passeggeri passati da quasi 100.000 tra studenti e lavoratori negli scorsi anni a 55.000. Oppure sulla Circumvesuviana: sulle tre storiche linee suburbane di Napoli dal 2010 al 2016 si è registrato un calo dell’offerta di treni del 30%.

Anni segnati dalla chiusura di ben 1.323,2 km di linee ferroviarie: ad esempio, in Molise non esiste più un collegamento ferroviario con il mare, sono scomparsi i treni che dal 1882 collegavano Campobasso con l’Adriatico e con Termoli. Ai chilometri di ferrovia chiusa, vanno poi aggiunti oltre 321 km di rete ordinaria che risulta “sospesa” per inagibilità dell’infrastruttura, come nel caso della Trapani-Palermo.

'Cura del ferro', dove si investe aumentano gli utenti

Eppure, dove si investe nella cura del ferro il numero dei pendolari cresce e aumenta la voglia di spostarsi in treno come è accaduto in Lombardia, dove nonostante le difficoltà su alcune linee, si è raggiunta quota 735.000 passeggeri ogni giorno sui treni regionali (con un +3,1% nel 2017 e +24% dal 2009 ad oggi, quando erano 559mila) o in Friuli Venezia Giulia dove si è passati da 13mila a 21.500 i viaggiatori con un aumento del +38%. Tornano a crescere i pendolari anche in Abruzzo (+5,3%), grazie al recupero di alcune corse nel 2017 e l’introduzione del cadenzamento dei treni sulla linea costiera Adriatica.

Bene anche l’Emilia Romagna che tocca quota 205.000 (erano 106.500 nel 2010), in Trentino si è passati da 13.000 a 26.400, in Alto Adige da 19.900 a 31.400, in Puglia da 80.000 a 150.000. Risultati positivi li troviamo anche nelle 38 esperienze di successo e buone pratiche segnalate da Pendolaria: al Nord, lungo le linee in Val Venosta e Val Pusteria in Alto Adige, ma anche al Sud (come per la Metropolitana di Napoli, nella linea tra Bari e l’aeroporto, del collegamento diretto Palermo-Catania dopo la chiusura dell’autostrada nel 2015), o i tratti minori come fra Ascoli e Porto d’Ascoli dopo l’elettrificazione.

Buone notizie arrivano anche da alcune linee sospese da tempo e che ora vedono la luce: come la Cecina-Saline di Volterra in Toscana chiusa e la Gemona-Salice, in Friuli che sono state riaperte, la Priverno-Terracina con lo stanziamento dei fondi da parte della Regione Lazio, la Bosco Redole-Benevento riaperta per fini turistici.

Al sud circolano meno treni che nella sola Lombardia, lenti e vecchi

Differenze e disuguaglianze sono da individuare, secondo Legambiente, negli errori compiuti in questi anni nelle politiche dei trasporti e nel modo diverso con cui le Regioni hanno gestito il servizio dopo il trasferimento delle competenze nel 2001, con tagli ai servizi ferroviari e aumento del costo dei biglietti in quasi tutte le Regioni. Poche le Regioni che hanno investito risorse proprie per potenziare il servizio ed evitare i tagli, con una media di spesa rispetto al bilancio regionale dello 0,35%.

Preoccupa inoltre la situazione complessiva del Meridione. Al sud circolano meno treni: ad esempio le corse dei treni regionali in tutta la Sicilia sono 429 contro le 2.396 della Lombardia. Inoltre i convogli sono più vecchi, con una età media di 19,2 anni rispetto ai 13,3 del Nord e a quella nazionale di 16,8, e sono più lenti. Ad esempio tra Cosenza e Crotone non esiste un collegamento diretto, occorre effettuare almeno un cambio e impiegare tre ore di viaggio per percorrere 115 km.

Altro problema, tra Ragusa e Palermo ci sono solo tre collegamenti al giorno, tutti con un cambio, e in totale ci vogliono 4 ore e mezza per arrivare a destinazione. Al Sud poi l’Alta Velocità si ferma a Salerno e, malgrado la continuazione di alcune Frecce verso Reggio Calabria, Taranto o Lecce, il numero in rapporto a quelli che circolano al Centro-Nord di questi treni è insignificante.

Bene 'cura Delrio' ma finanziamenti statali a infrastrutture nota dolente

Dal punto di vista delle politiche intraprese negli ultimi anni, per Legambiente i cambiamenti portati dal ministro Delrio stanno dando i loro frutti, con risorse per il rinnovo del materiale rotabile ferroviario e su gomma nelle città, in un piano metropolitane che permetterà di aprire cantieri in diverse aree urbane, con il ripristino delle detrazioni fiscali per gli abbonamenti al trasporto pubblico locale e ferroviario, e altri interventi per le ferrovie merci e la sicurezza sulla rete. Positiva anche l'entrata in esercizio di nuovi treni grazie agli investimenti del Governo, di alcune Regioni e di Trenitalia che ha messo in campo l’acquisto di 500 treni regionali.

I finanziamenti statali per le infrastrutture restano la nota dolente. Da quanto emerge da Pendolaria, dal 2002 a oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Anche le Regioni continuano a scegliere strade e autostrade come priorità degli investimenti. Ad esempio, la Regione Emilia-Romagna sta investendo 179 milioni di euro di risorse pubbliche per la realizzazione di un’autostrada regionale come la Cispadana.

A prevalere sono ancora le infrastrutture stradali

Imponenti i progetti delle autostrade lombarde: quasi 3 miliardi di euro pubblici sono previsti tra Pedemontana Lombarda, Autostrada Regionale Cremona-Mantova, Autostrada regionale Broni-Mortara, Collegamento Boffalora-Malpensa, parte della Tirreno-Brennero ed Autostrada della Val Trompia. Poche le eccezioni come le Province Autonome di Trento e Bolzano, il Piemonte e la Toscana.

Insomma, il bilancio di Legambiente su quanto realizzato in questa legislatura mette in evidenza come a prevalere siano ancora le infrastrutture stradali: 217 km di autostrade a cui si aggiungono altri 1.825 km di strade nazionali e 2.080 km di rete stradale provinciale e regionale, a fronte di 58,6 chilometri di metropolitane (12,9 km a Milano, 13,7 a Brescia, 1,6 a Genova, 23,4 a Roma, 7 a Catania, con una media di 11,8 l’anno) e 34,5 km di tram (17 km a Palermo, 12,5 a Venezia, 6 a Cagliari).

"La prossima legislatura- spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente - dovrà affrontare la questione delle risorse per garantire un aumento del servizio, con più treni per dare risposta alla domanda dei pendolari e offrire un’alternativa all’auto, e la realizzazione di nuove linee di metro, tram e ferrovie metropolitane. Perché dal 2002 ad oggi la priorità degli investimenti è andata verso strade e autostrade solo per il 13% alle città, mentre è proprio nelle aree urbane che si concentra la domanda di mobilità delle persone”.

Le cinque proposte di Legambiente per rilanciare il servizio ferroviario regionale. Prima, continuare la 'cura Delrio' con un ruolo più incisivo del ministero delle Infrastrutture e Trasporti che deve diventare il regista di una nuova politica dei trasporti in Italia che coinvolga Regioni, Comuni, concessionari e imprese. Il ministero, inoltre, per Legambiente deve anche avere un ruolo di indirizzo e controllo.

Più treni sulle linee ferroviarie facendo diventare il servizio ferroviario sempre più competitivo: per far ciò, occorre potenziare nelle città l’offerta lungo le direttrici nazionali e urbane più importanti, dove è più forte la domanda pendolare e nelle aree del Paese, come al Sud, dove è del tutto inadeguata. E ancora: dare priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città perché è nei grandi centri urbani che si gioca la sfida fondamentale della mobilità italiana, cercando di superare il gap che le separa dalle sorelle europee.

Quarta proposta: una politica per riportare i treni al sud, attraverso interventi che permettano di ridurre i tempi di percorrenza e nuovi treni. Infine, indirizzare le risorse che ci sono per rilanciare gli investimenti infrastrutturali. Nel bilancio dello Stato, sottolinea Legambiente, esistono infatti le risorse per un salto di qualità nel servizio ferroviario, perché ogni anno diversi miliardi di euro vengono destinati ai sussidi all’autotrasporto, dalle tariffe autostradali che continuano a crescere senza controlli per la gestione di opere pubbliche, e da recuperare da investimenti sbagliati in grandi opere e cantieri autostradali e dal bilancio delle Regioni che devono scegliere di rilanciare il trasporto su ferro.

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