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La foresta amazzonica minacciata dalla coltivazione della soia

03 giugno 2014 | 15.56
LETTURA: 6 minuti

Lo denuncia il Wwf in vista della Giornata mondiale dell’Ambiente che si celebrerà il 5 giugno

La foresta amazzonica minacciata dalla coltivazione della soia

La foresta tropicale più grande e ricca di biodiversità del pianeta è minacciata dalla coltivazione della soia, utilizzata come mangime per alimentare soprattutto pollame e suini e una delle principali cause della deforestazione amazzonica oltre che dell’allontanamento di molte comunità indigene. Lo denuncia il Wwf in vista della Giornata mondiale dell’Ambiente che si celebrerà il 5 giugno. L’associazione punta il dito contro alcune abitudini alimentari spesso inconsapevoli, spreco di cibo compreso. Se il 6% della soia prodotta al mondo è destinata direttamente al consumo umano, circa tre quarti vengono invece utilizzati per l’alimentazione animale, soprattutto per pollame e suini: per produrre 1 kg di carne suina vengono utilizzati 263 grammi di soia, ben 575 per il pollo, 173 per il manzo e 307 un analogo quantitativo di uova. Negli ultimi 50 anni si è già perso quasi un quinto della superficie della foresta amazzonica e la produzione di soia è la maggiore responsabile della deforestazione principalmente in Brasile e Bolivia, insieme con l’espansione dei pascoli per il bestiame allevato, gli incendi, il disboscamento legale e illegale, la costruzione di strade asfaltate e il degrado causato dai cambiamenti climatici in atto. Gli impatti esterni della produzione di soia, come l’inquinamento dei corsi d’acqua da prodotti agrochimici e l’erosione del suolo, hanno avuto anch’essi un impatto sugli ecosistemi naturali. Accanto alla conversione diretta della foresta amazzonica per la produzione di soia, l’espansione della soia soprattutto in Brasile avviene oggi - denuncia il Wwf - anche su terreni precedentemente utilizzati per il bestiame al pascolo. Mentre questo ha il potenziale per essere parte della soluzione, vi è il pericolo che possa contribuire indirettamente alla deforestazione spingendo la produzione di bestiame, una delle principali cause di deforestazione in Amazzonia, all’interno della foresta. Per il Wwf, se i tassi di deforestazione degli ultimi decenni continuassero ai ritmi attuali, quasi un quarto della restante foresta amazzonica potrebbe essere persa entro i prossimi 30 anni e il 37% entro i prossimi 50 anni. Stime più pessimistiche indicano come oltre la metà (55%) potrebbe essere persa nei prossimi 20 anni perché l’aumento della domanda di prodotti agricoli innesca un circolo vizioso di feedback climatico che prevede, per esempio, l’aumento della siccità e degli incendi boschivi. Tra le soluzioni proposte, produrre soia in maniera più responsabile riducendo gli impatti negativi di questa coltura con un’azione decisa da parte dei governi e una spinta concertata verso la sostenibilità ambientale e sociale lungo tutta la catena di produzione, con il necessario sostegno di finanziatori e consumatori. Ecco le proposte del Wwf nel dettaglio: una migliore pianificazione dell’uso del suolo, la tutela delle aree naturali vulnerabili e di valore, un processo di certificazione quale quello proposto dalla Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile (Roundtable on Responsible Soy), migliori pratiche agricole e la riduzione di scarti e rifiuti. Nei Paesi sviluppati i consumatori possono contribuire a contenere la domanda di soia riducendo il proprio consumo di proteine animali e riducendo gli sprechi alimentari. In Italia, così come negli altri Paesi ricchi, è in casa che si spreca di più. Ogni anno gli italiani per negligenza e disattenzione buttano oltre 1,2 milioni di tonnellate di alimenti, che corrispondono a circa 8 miliardi di euro (da indagine GfK Eurisko 2013). Lo spreco alimentare non è solo un problema di alimenti. Per arrivare sulle nostre tavole, il cibo di cui ogni giorno ci nutriamo richiede, infatti, moltissime risorse naturali e per questo può avere impatti importanti sull’ambiente.

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