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Sono 25mila gli elefanti uccisi in Africa ogni anno

30 giugno 2014 | 13.06
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Una caccia molto diffusa nel continente, visto che una zanna di elefante, che può pesare anche 10 kg, viene venduta al prezzo di mille dollari al kg.

(Wwf)
(Wwf)

Individuano gli elefanti dall'alto, a bordo di elicotteri. O li seguono da terra, dopo aver riconosciuto la pista tracciata dal branco nelle foreste o nella savana. Poi attaccano, spesso a bordo di camionette militari, sparando con i loro kalashnikov: sono circa 25mila gli elefanti abbattuti ogni anno in Africa dai bracconieri. Su una popolazione che arriva a contare fino a 650 mila esemplari. Una caccia molto diffusa nel continente, visto che una zanna di elefante, che può pesare anche 10 kg, viene venduta al prezzo di mille dollari al kg.

Squadre ben equipaggiate sono responsabili di una strage che, dal 2002 al 2011, ha causato nell'Africa centrale la scomparsa di circa il 62% della popolazione degli elefanti di foresta. Tra le 500 e le 900 morti di elefanti si sono invece registrate in Mozambico negli ultimi 12 anni, secondo un'indagine del Wwf.

Questi dati "sono aleatori", sottolinea all'Adnkronos il direttore programmi di conservazione internazionali del Wwf Italia Isabella Pratesi, "perché vengono raccolti a sequestri avvenuti o a carcasse ritrovate. Ma gli esemplari uccisi sono difficili da trovare nelle lunghe distese africane, soprattutto nelle zone di foresta. Per questo, le cifre potrebbero essere anche più alte".

Le modalità di caccia si sono affinate nel corso degli anni, fa notare Pratesi, che distingue fra tre diverse tecniche. "I bracconieri sudanesi - continua - sono esperti riconoscitori di piste. Le seguono, trovano il branco di elefanti e lo sterminano. Uccidono anche quelli senza zanne, che per loro non hanno valore ma che potrebbero tracciare nuove piste. E i cacciatori non si vogliono ritrovare a inseguire elefanti senza zanne".

"Un'altra strategia è quella di osservare il territorio dall'alto, a bordo di elicotteri. Appena un gruppo di elefanti viene individuato, si lancia un segnale a terra ai cacciatori che, a quel punto, si lanciano subito all'assalto a bordo delle camionette. Infine, alcuni bracconieri avvelenano le fonti d'acqua dove gli animali si abbeverano. E tornano poi a estrarre le zanne d'avorio, senza molti rischi e con poca fatica".

Contrastare il fenomeno è difficile, puntualizza Pratesi, non solo perchè le regioni da controllare sono molto vaste e le risorse poche. "Si tratta di un business molto redditizio", che funzionari e agenti corrotti, desiderosi di arricchirsi, favoriscono. "I bracconieri riescono a entrare anche nei parchi nazionali, come il 'Kruger National Park' in Sudafrica. Queste aree protette sono molto estese e il personale che dovrebbe sorvegliarle è insufficiente. E quello che c'è, a volte, chiude gli occhi dietro il pagamento di un compenso".

La vendita all'estero di avorio alimenta in modo massiccio in Africa il terrorismo e la guerriglia. "I principali acquirenti di questa materia prima - precisa - sono Cina, Vietnam e Thailandia. Gli artigiani usano l'avorio per realizzare oggetti ornamentali molto rischiesti sul mercato asiatico".

Negli ultimi due anni si è registrato un aumento della domanda e del valore non solo dell'avorio. Pratesi segnala che "ci sono persone disposte a pagare anche 50mila dollari per quasi mezzo chilo di corno". Un esempio che chiarisce bene perchè "quello del commercio mondiale di fauna e flora selvatica è il quarto più grande mercato illegale del mondo, con un giro d'affari che arriva fino a 23 miliardi di dollari all'anno".

Il Wwf apprezza le misure adottate finora per contrastare il fenomeno. Tuttavia, le considera ancora limitate."Sono aumentati i controlli alle dogane - aggiunge - si è intensificata l'attività di indagine dell'Interpol ed è aumentata la collaborazione dei governi a livello internazionale. Ma ci sono ancora trafficanti che si imbarcano con valigie piene di avorio". L'organizzazione ambientalista è impegnata in una campagna di sensibilizzazione nei paesi asiatici e continua a fare pressione per un inasprimento delle pene contro chi compie questo reato.

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