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Rifiuti: Aitec, cementifici non sono alternativa a inceneritori/ Focus

04 marzo 2015 | 15.52
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Ad oggi i cementifici utilizzano solo 300mila tonnellate di combustibili alternativi derivati dal trattamento dei rifiuti contro un potenziale di circa 1mln e 300mila tonnellate

Rifiuti: Aitec, cementifici non sono alternativa a inceneritori/ Focus

I cementifici non sono un'alternativa agli inceneritori ma possono dare un contributo a diminuire l'assedio dei rifiuti nelle discariche. Ad oggi i cementifici utilizzano solo 300mila tonnellate di combustibili alternativi derivati dal trattamento dei rifiuti contro un potenziale di circa 1mln e 300mila tonnellate. A tracciare un quadro all'Adnkronos della situazione a distanza di quasi due anni dall'emanazione del decreto 22 del 2013 permette l’utilizzo di Combustibile Solido Secondario (Css) nei cementifici è Daniele Gizzi, responsabile ambiente di Aitec, l'Associazione tecnico economica cemento. (Video)

Secondo Gizzi "le cementerie non potranno mai essere l'alternativa agli inceneritori perché hanno due obiettivi diversi". E la motivazione è semplice: "Se il cemento non si vende la cementeria si ferma e se il forno da cemento viene spento di certo non può utilizzare rifiuti. L'inceneritore va invece alimentato h24 da rifiuti". Non va però sottovalutato il contributo che i cementifici possono offrire alla gestione dei rifiuti.

In Italia, "i cementifici utilizzano circa 300mila tonnellate l'anno di combustibili alternativi derivati dal trattamento dei rifiuti. Queste vanno a costituire l'11% di sostituzione calorica" e questa percentuale “in Germania è del 61%, in Olanda del 98%, in Francia del 26% e in Polonia del 45%. La media Europea è del 30%”.

Secondo Gizzi, “raggiungendo il 50% di sostituzione calorica, i cementifici potrebbero arrivare ad utilizzare nei propri forni circa 1mln e 300mila tonnellate di combustibili alternativi” che, secondo la definizione europea introdotta nel nostro ordinamento legislativo nel 2010 “derivano dal trattamento di rifiuti speciali no pericolosi”. In riferimento al combustibile da rifiuti urbani, Gizzi sottolinea che “la resa è del 30%”.

Questo vuol dire che per “una tonnellata di combustibile derivato da rifiuti urbani servono almeno 3 tonnellate in input nell'impianto di pretrattamento di rifiuti urbani. Quindi quel 1mln e 300mila di combustibile alternativi che potrebbero essere utilizzati nei forni da cemento contro le attuali 300mila tonnellate, deriverebbero dal trattamento di una quantità di rifiuti più o meno 3 volte maggiore”.

Si tratta di “un piccolo contributo nella gestione dei rifiuti ma sicuramente poco sfruttato”. In Italia, spiega Gizzi, “produciamo 29mln di tonnellate di rifiuti urbani e circa 139mln di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e di cui nessuno parla. Per un totale di circa 170mln di tonnellate”. I nostri impianti, spiega Gizzi, "sono all'avanguardia da un punto di vista tecnologico ma abbiamo due ordini di problemi nell'applicare quella che è una pratica largamente diffusa in Europa". Il primo problema "è il consenso sociale. Il secondo problema invece riguarda le procedure autorizzative".

"Oggi una cementeria che vuole utilizzare combustibili alternativi aspetta mediamente sei anni per ottenere un'autorizzazione" afferma Gizzi sottolineando che "la stessa autorizzazione, ossia l'Aia, l'autorizzazione integrata ambientale, in Germania si ottiene in sei mesi, in Francia fino a 18 mesi".

Ad oggi, "sono circa 21 le cementerie autorizzate ma non tutte utilizzano i combustibili alternativi a volte per mancato consenso sociale. Hanno quindi un'autorizzazione in mano, la legge dalla loro parte ma la comunità locale no e quindi per convivere con il territorio non sfruttano quello che è un vantaggio competitivo"

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