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Ambiente: spreco alimentare 'costa' 500 mln t di Co2

03 giugno 2016 | 10.37
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Ambiente: spreco alimentare 'costa' 500 mln t di Co2

Lo spreco alimentare 'costa' all’ambiente 500 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 e si prevede che, con incremento demografico e l’eccessiva produzione alimentare (che aumenta in modo più che proporzionale al fabbisogno alimentare), entro il 2050 potrebbero diventare 2,5 miliardi di tonnellate. E' così che, in occasione della giornata mondiale dell’Ambiente che si celebra il 5 giugno, Qui Foundation, Onlus che dal 2007 lotta contro gli sprechi alimentari, lancia un appello a chi ha cibo in eccedenza che può essere donato.

“Andate sul sito e segnalate il vostro locale: vi metteremo in contatto con la Onlus più vicina a voi, che dispone di una mensa caritativa e ha necessità di pasti gratuiti”, è il messaggio di Qui Foundation che dalla sua nascita (2007) a oggi, attraverso il progetto Pasto Buono, ha recuperato e donato 800mila pasti, 300mila dei quali dai locali food della sua rete, salvandoli dalla spazzatura.

Oggi, sono 1,3 miliardi le tonnellate di alimenti che ogni anno vengono buttate, tra il 30% e il 40% di quanto viene prodotto globalmente. Ecco perché ridurre lo spreco alimentare, dare valore alle eccedenze e donarle vuol dire fare qualcosa per l’ambiente.

Ad oggi, spiega Gregorio Fogliani, presidente di Qui Foundation, "solo in Italia, si sprecano 179 kg di cibo a persona all’anno, con un evidente impatto sull’ambiente dovuto allo smaltimento di rifiuti. Ma molto del cibo che si spreca, soprattutto nel settore della ristorazione, è ancora buono e in ottimo stato e potrebbe diventare una risorsa per chi non ha nulla".

Secondo la Onlus, fondamentale per la riduzione degli sprechi alimentari è la semplificazione delle procedure per chi decide di donare le eccedenze alimentari e la creazione di un sistema di incentivi che incoraggi la diffusione delle buone pratiche contro gli sprechi. Una legge, al momento al vaglio del Senato, potrebbe esaudire le richieste di Onlus e locali che partecipano alla ridistribuzione delle risorse, che da anni chiedono una sburocratizzazione delle procedure.

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