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Clima: il mare sale e avanza, coste italiane a rischio allagamento

14 aprile 2017 | 12.07
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(Fotogramma)
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Il mare si alza e avanza, inondando le piane costiere dove l’uomo ha costruito e continua a vivere, edificare, coltivare. L’allarme non risparmia l’Italia e arriva dagli scienziati che analizzano il fenomeno collegato al riscaldamento globale.

"Dalla fine del 19° secolo su scala globale e anche nel Mediterraneo si è osservato un aumento del livello medio marino di 15-20 cm", spiega all’Adnkronos Fabio Raicich dell’Istituto di Scienze Marine del Cnr. "Tra i vari fattori che contribuiscono alla variazione del livello medio - continua - i principali sono legati al riscaldamento atmosferico globale" e sono: "l’aumento di volume dell’oceano per dilatazione dell’acqua provocata dal suo riscaldamento e l’aumento di massa dovuto alla fusione dei ghiacci continentali".

E le stime per un prossimo futuro non sono affatto confortanti. "Il quinto rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, ndr), pubblicato nel 2013, fornisce proiezioni sull’andamento del livello medio marino fino alla fine del 21° secolo - spiega Raicich - Si tratta di stime effettuate per mezzo di modelli matematici, che simulano l’evoluzione del clima in diversi scenari di emissione di gas serra durante i prossimi decenni. Tra i vari scenari si possono individuare uno più ottimistico, in cui l’emissione è in diminuzione rispetto al presente, e uno più pessimistico, in cui è in aumento. Nel primo scenario l’aumento del livello medio marino è stimato tra 26 e 55 cm, rispetto alla fine del 20° secolo, nel secondo tra 45 e 82 cm".

Il mare sale, dunque, e il suolo si abbassa per il fenomeno della subsidenza: il risultato è quell''innalzamento del livello marino relativo' che porta all’avanzamento dell’acqua con rischio per quelle infrastrutture e attività umane che in prossimità della costa si sono sviluppate. La minaccia è reale e non risparmia l’Italia.

"Anche considerando le previsioni meno pessimistiche d’innalzamento del livello marino relativo, certamente più di un terzo delle coste italiane è caratterizzata da una vulnerabilità medio-alta", dice all’Adnkronos Luigi Tosi dell’Istituto di Scienze Marine (Ismar) del Cnr. "Recentemente mi sono occupato dell’analisi della costa adriatico-ionica nell’ambito del progetto Bandiera Ritmare del Cnr - spiega - E’ emersa una situazione critica in gran parte della costa emiliana-romagnola, veneta e friulana, con il delta del Po e laguna di Venezia tra i settori più vulnerabili al 'relative sea level rise'. Subsidenza elevata è stata riscontrata anche nella pianura di Manfredonia (Foggia), nella piana di Sibari, a Crotone".

E va anche considerato che l'"aumento del livello del mare porta non solo inondazione, allagamento ma anche all’intrusione di acqua salata negli acquiferi. Questo si sente per decine di chilometri di distanza dalla costa: l'acqua salata entra negli acquiferi, entra nelle falde e, addirittura, arriva in piena campagna e contami anche i suoli", avverte il ricercatore.

"Per quanto riguarda l’Italia ci sono 33 aree a rischio (allagamento, ndr) perché sono aree che già oggi stanno a zero se non sotto zero (sotto il livello del mare, ndr)", spiega all’Adnkronos Fabrizio Antonioli, ricercatore Enea-Dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali.

"In particolare nelle zone più a rischio, che sono quelle del Nord Adriatico, quindi un’area che va da Mestre a Venezia, facendo la sommatoria del livello del mare che sale per lo scioglimento dei ghiacci e per l’aumento della temperatura superficiale del mare, che porta ad un aumento di volume dell’acqua, e dell’abbassamento della terra, che è diverso da zona a zona - dice Antonioli - abbiamo previsioni diverse al 2100 che vanno da un minimo di 60 cm a un massimo di 1,4 metri a seconda del modello previsionale che usiamo e di quanta anidride carbonica in meno riusciremo ad emettere al 2100".

Il risultato? Si sposta la linea della riva, allagando tratti di costa. Uno studio di Enea, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Università di Bologna, Conisma e Lesia Observatoire de Paris, si è concentrato su quattro aree della penisola italiana (Nord Adriatico, Golfo di Taranto, Golfo di Oristano e quello di Cagliari) stimando fino a 5.500 kmq l’estensione di territorio a rischio allagamento al 2100. "I numeri scaturiscono da valutazioni sempre più precise, date sia dalla Ipcc sia da altri modelli, calibrate per il Mediterraneo e corrette per i movimenti terrestri", spiega Antonioli.

Da qui l’allarme. "Nel Mediterraneo tutto è stato costruito a un metro dal mare. Questo è il problema. Abbiamo infrastrutture e ferrovie vicinissime al mare. Fiumicino, ad esempio, è costruita in un’area che sta a meno uno: l’aeroporto è costruito in un area depressa dove oggi l’altimetro segna meno uno e quindi ci sono opere, dighe e idrovore che in futuro andranno potenziate per mantenere l’aeroporto fuori dall’allagamento", avverte il ricercatore.

Urgente dunque una risposta, soprattutto dalla politica: "Noi i numeri li abbiamo dati - conclude Antonioli - qual è la reazione del mondo politico, ambientale, economico? E’ urgente cominciare a capire quello che si deve fare. E’ difficile spostare le città in due anni, è più facile programmare".

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