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Territorio: allarme erosione costiera al Sud, a rischio 782 Km

13 giugno 2017 | 14.54
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(Foto AdnKronos)
(Foto AdnKronos)

Allarme rosso per l’erosione costiera in Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Molise: ad essere a rischio sono 782 Km di coste meridionali con percentuali elevatissime, oltre il 54%. A denunciare la situazione, i geomorfologi italiani che presenteranno i risultati di alcune ricerche sul cambiamento delle Alpi centrali e sull’erosione costiera, sul rischio di aumento di frane in Campania e nelle regioni vulcaniche, il 15 giugno a Napoli presso il Real Museo di Mineralogia.

Sono Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Molise le 'regioni rosse' "per alta percentuale di coste in erosione - spiega Micla Pennetta, coordinatrice dei Geomorfologi della Campania e docente di Dinamica e di Difesa delle coste presso l’Università Federico II - il 54,1% di coste è interessato da processi di erosione costiera. La Calabria ha una percentuale altissima con il 60,9% di coste (278 Km) interessato da erosione costiera, mentre Basilicata, Puglia e Molise, hanno rispettivamente il 57,6%, il 55,1% ed il 52,8% delle coste interessate da fenomeni di erosione costiera". Risalendo la Penisola, invece, le regioni maggiormente interessate dai processi di erosione costiera sono: Marche (48%), Emilia Romagna (31,4%), Veneto (37,3%), Toscana (39,3%), Liguria (16,7%) e Sardegna (14,5%).

Gli studi sulla fascia costiera hanno consentito anche di individuare preesistenze archeologiche di epoca romana. “I ritrovamenti più eclatanti li stiamo avendo nel casertano - aggiunge Pennetta - Studiando la geomorfologia delle coste, abbiamo individuato e studiato il sito romano sottomarino di Sinuessa, un approdo risalente all’epoca romana trovato sott’acqua, alla profondità di 8 metri, tra Mondragone e Sessa Aurunca".

Grazie agli studi della morfologia e della sedimentazione marina è stata ricostruita la storia sismica e vulcanica dell’area. Alla profondità di 7 metri e a 650 metri dalla costa è stato rilevato un banco roccioso di natura ignimbritica, posto in sito 39.000 anni fa, quando l’attuale area marina era emersa. Verso il margine settentrionale del banco, è stata rilevata un’area depressa, profonda circa 3 metri, caratterizzata dalla presenza di 24 elementi di forma cubica in conglomerato cementizio, che venivano impiegati sulle coste flegree per la costruzione di moli, banchine e per attività connesse ai porti.

Le scoperte e i ritrovamenti fanno pensare che l'area, in epoca romana, fosse emersa e frequentata. Il rilevamento di manufatti sommersi consente poi di collocare la linea di riva di epoca romana a circa 1 km verso il largo. È stata individuata anche una linea di riva più antica, verosimilmente ascrivibile al periodo greco-romano, a una distanza dalla costa attuale pari a circa 1300 metri.

Una situazione di grave erosione è stata rilevata dai geomorfologi anche alla foce del fiume Garigliano, inclusa nella rete Natura 2000, quindi sito di interesse comunitario con arretramento della linea di riva connesso, oltre agli effetti dei processi naturali, alla costruzione di sbarramenti e briglie fluviali lungo il fiume, alla coltivazione di cave di sabbie in alveo e sulle spiagge; asporti che hanno prodotto un impoverimento del trasporto solido e quindi un minore rifornimento della spiaggia.

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