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Animali: i segreti del letargo, dall'antigelo naturale allo stand-by fisiologico

29 dicembre 2017 | 15.28
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(Foto Wwf)
(Foto Wwf)

Non solo ghiro, il 'dormiglione' per eccellenza, ma anche orso polare, merluzzo antartico, chiocciole e coccinelle. Sono tanti gli animali che il Capodanno, così come l'inverno, lo trascorrono dormendo grazie a speciali strategie adottate per sopravvivere al freddo, alcune sorprendenti e degne della più sofisticata bio-ingegneria. Un esempio? L’ululone dal ventre giallo, tipico delle zone umide italiane, produce nel sangue un antigelo naturale, simile al glucosio che ne abbassa la temperatura di congelamento consentendogli di andare in letargo senza correre rischi.

Nella lista dei ‘dormiglioni’, stilata dal Wwf, ci sono anche pipistrelli, api, moscerini, testuggine terrestre, vipera degli orsini e il driomio, simile al ghiro e tuttora minacciato dal bracconaggio per farne ricette locali. Tra gli anfibi nostrani, il tritone alpino, una specie molto rara che sopravvive nei fontanili di alta montagna. L’unico uccello al mondo che non migra è il succiacapre di Nuttal: con un eccesso di caldo o di freddo questa specie si iberna aspettando condizioni migliori.

Questi animali trascorrono i mesi più difficili dell’inverno sospendendo o riprogrammando molte delle funzioni fisiologiche.

Molti tra questi sono animali eterotermi, cioè non sono in grado di mantenere il proprio corpo ad una temperatura costante. Ragione per cui la loro vita è messa a rischio dalle temperature troppo basse. Un riparo protetto (anche sotto terra) e la possibilità di attivare qualche straordinaria soluzione fisiologica, come quella di produrre zuccheri o proteine per abbassare la temperatura di congelamento dei liquidi nei tessuti, permette a molti animali eterotermi di sopravvivere ai rigori dell’inverno impedendo che il loro corpo si congeli. Alcuni pesci e anfibi ricorrono a questi stratagemmi.

A questi animali se ne aggiungono altri comunemente detti 'a sangue caldo', gli omeotermi, che hanno trovato nel letargo un vero e proprio vantaggio evolutivo. Al riparo di una tana per loro confortevole trascorrono i mesi più freddi in un lungo sonno con nessuna o poche interruzioni. Il tutto è regolato da sostanziali cambiamenti nel metabolismo: il cuore e il respiro rallentano, la temperatura corporea si abbassa e anche altre funzioni (come la produzione di urina e feci) si riducono drasticamente.

In pratica è come se i loro corpi entrassero in una modalità “stand-by” per risvegliarsi nella stagione primaverile. L’importante è avere accumulato, prima di andare in letargo, una sufficiente quantità di energia sotto forma di cibo (famose le scorte degli scoiattoli o dei ghiri) o di grasso sotto cutaneo.

L'orso bianco non va propriamente in letargo ma rallenta il metabolismo tanto da poter rimanere mesi e mesi senza mangiare, ma non è raro che si svegli per uno spuntino. Le femmine poi, proprio nella stagione invernale partoriscono e allattano. Il succiacapre di Nuttall è ad oggi l’unico uccello al mondo che si iberna nei periodi di maggiore difficoltà, sia per il troppo freddo che per il troppo caldo o per scarsità di cibo. Tutti gli altri uccelli, invece, per sottrarsi ai periodi più difficili migrano.

I pipistrelli affrontano un letargo molto intenso e senza sosta: il battito cardiaco scende vertiginosamente così come il ritmo del respiro (possono stare anche un’ora senza prendere aria) e così la specie riduce del 98% il consumo di energia. All’arrivo dei primi freddi le coccinelle si riuniscono in gruppi per affrontare il letargo in compagnia (negli insetti, il letargo si chiama diapausa). Alcune specie riescono a sopravvivere a temperature ben al di sotto dello zero producendo nei loro liquidi corporei delle sostanze (in genere zuccheri) che funzionano come dei veri e propri antigelo.

La gran parte dei pesci affronta le difficoltà climatiche migrando. Esiste ad oggi solo un pesce che presenta un comportamento simile al letargo: il merluzzo antartico, che entra in uno stato di torpore durante il quale diminuisce di almeno 20 volte la propria attività e l’intensità del metabolismo. Le chiocciole adottano particolari strategie: molte vanno in letargo sigillando la conchiglia con un tappo di muco e sali calcarei che si chiama epifragma; un vero e proprio sigillo che garantisce comunque gli scambi gassosi con l’esterno.

Le api, invece, non hanno bisogno di andare in letargo: la loro strategia di sopravvivenza è la cooperazione. Si tengono calde le une con le altre formando una palla o “glomere” di api ronzanti che ha una temperatura interna ben più alta di quella esterna. L’energia per vibrare e riscaldarsi è ottenuta dal miele. A turno le api si danno il cambio tra l’interno e l’esterno del glomere in modo da ripartire le posizioni più calde e confortevoli in maniera equa.

Sono tanti gli insetti che trascorrono i mesi più freddi adottando strategie diverse. I ricercatori del Museo delle Scienze di Trento hanno da poco scoperto che alcuni Chironomidi (quelli che noi comunemente chiamiamo moscerini) che vivono nei torrenti di fusione dei ghiacciai riescono a vivere, sotto forma di larve, anche nel ghiaccio, grazie a un meccanismo di ibernazione che prevede una perdita dei liquidi e la produzione di vere e proprie sostanze antigelo.

Infine i ghiri, diventati sinonimo di dormiglione. Il driomio, piccolo roditore della famiglia dei ghiri, trascorre l’inverno in letargo, appallottolato per disperdere la minore quantità di calore e al riparo di un anfratto o di una cavità di un albero.

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