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Consumo di suolo

Italia mare di cemento

23 febbraio 2018 | 12.34
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Italia mare di cemento

Il consumo di suolo in Italia non conosce soste e continua ininterrottamente a ricoprire aree naturali e agricole con asfalto e cemento, fabbricati residenziali e produttivi, centri commerciali, servizi e strade. Risultato: secondo l'Ispra sono stati ormai intaccati oltre 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio, una superficie pari all'Emilia Romagna.

E poiché il nostro Paese è per circa il 35% a carattere montuoso, a fare le spese della cementificazione sono le aree di pianura, le più fertili, che rappresentano circa il 23% dell’intera superficie italiana, e un’ampia parte di quel restante 42% di superficie composto di colline di altezza inferiore agli 800 metri.

Tra le conseguenze del fenomeno, i costi generati dalla perdita di servizi ecosistemici (come l’approvvigionamento di acqua, la regolazione dei cicli naturali, la capacità di resistenza a eventi estremi e variazioni climatiche, il sequestro del carbonio e i servizi culturali e ricreativi), solitamente non contabilizzati. Le stime parlano di una cifra compresa tra i 538,3 e gli 824,5 milioni di euro l’anno, che si traducono in una perdita per ettaro compresa tra i 36.000 e i 55.000 euro.

Si continua a costruire nonostante 7 mln di case inutilizzate

Il paradosso è che a fronte del cemento inarrestabile, secondo l’Istat l'Italia conta oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700mila capannoni dismessi, 500mila negozi definitivamente chiusi, 55mila immobili confiscati alle mafie. Tutto ciò a fronte di un andamento demografico che indica una crescita debole (nel 2017 la popolazione italiana si attesta su 60.579.000 persone, circa 86mila in meno rispetto al 2016).

E se tra gli edifici di nuova costruzione oggi in vendita nel nostro Paese si registra un invenduto pari a 90.500 unità (dati nel 2015), nel contempo sono presenti immobili vetusti e quasi inutilizzabili che avrebbero invece bisogno di essere ristrutturati e riqualificati.

E ancora: a causa della perdita di suoli fertili, l'Italia oggi non è in grado di garantire ai cittadini la sovranità alimentare. La Superficie Agricola Utilizzata (la cosiddetta Sau) si è infatti ridotta a circa 12,7 milioni di ettari (nel 1991 era quasi 18 milioni di ettari) e il ministero per le Politiche Agricole rileva che ad oggi produciamo appena l’80-85% del fabbisogno primario alimentare contro il 92% del 1991. Significa che se, improvvisamente, non avessimo più la possibilità di importare cibo dall’estero, ben 20 italiani su 100 rimarrebbero a digiuno.

Nel mondo quasi il 33% del terreno agricolo è andato perduto

Una situazione che si rispecchia a livello globale con la Terra che, negli ultimi 40 anni, tra erosione o inquinamento ha perso un terzo del suo terreno coltivabile, con conseguenze pesanti in presenza di una domanda di cibo che sale alle stelle: quasi il 33% del terreno mondiale adatto o ad alta produzione di cibo è stato perduto a un tasso che supera di gran lunga il ritmo dei processi naturali in grado di sostituire il suolo consumato.

Per queste ragioni, cittadini e associazioni da tempo chiedono che il contrasto al consumo di suolo diventi una priorità nell’agenda parlamentare, cosa che finora non è avvenuta, essendosi arenata al Senato la legge per contenere il consumo di suolo agricolo.

Forum Salviamo Paesaggio, stop a consumo, il contenimento non basta

In vista della prossima legislatura, ci riprova il Forum Salviamo il Paesaggio, rete civica nazionale cui aderiscono oltre 1.000 organizzazioni e molte migliaia di cittadini che ha elaborato un testo normativo che punta a mettere fine al consumo di suolo e non limitarlo al semplice contenimento, alla tutela dei suoli ancora liberi, compresi quelli all’interno dell’area urbanizzata, e alla soluzione della questione del patrimonio edilizio inutilizzato e in stato di abbandono.

L'invito è alla società civile e al mondo ambientalista a sostenere e promuovere la trasformazione della proposta normativa in legge e a tutte le forze politiche a valutare e sostenere il testo fin dalle prime ore della prossima legislatura.

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