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Ambiente

Un quinto delle specie italiane a rischio estinzione

22 maggio 2018 | 12.14
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(Fotolia)
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In Italia oltre un quinto del totale delle specie presenti è a rischio estinzione. Su un campione, utilizzato dall’Iucn (l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), di 2.807 specie italiane di spugne, coralli, squali, razze, coleotteri, farfalle, pesci d’acqua dolce, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, ben 596 potrebbero scomparire. A minacciare la biodiversità in Italia e nel Mar Mediterraneo sono soprattutto inquinamento e marine litter ma anche cambiamenti climatici, alterazione dell’habitat, specie aliene invasive e sovra sfruttamento delle risorse naturali.

A lanciare l'allarme biodiversità (di cui l’Italia è uno dei Paesi più ricchi in Europa, ospitando circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali attualmente presenti in Europa) è Legambiente in occasione della Giornata mondiale della biodiversità.

Secondo il rapporto dell'associazione “Biodiversità a rischio 2018”, sono i rifiuti marini, soprattutto la plastica, a rappresentare una delle principali minacce per circa 180 specie marine mediterranee. Tra le specie più minacciate dai rifiuti galleggianti e dall’inquinamento da plastica in mare, ci sono la tartaruga Caretta caretta, la balenottera comune e gli uccelli marini come la Berta maggiore.

Ogni anno nel Mediterraneo sono oltre 130mila le tartarughe marine Caretta caretta che rimangono vittime di catture accidentali durante le normali operazioni di pesca professionale. Di queste circa 70mila abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40mila rimangono intrappolate in reti a strascico e circa 23mila in quelle da posta. A rischio anche gli uccelli marini, in particolare i procellariformi, tra cui la berta maggiore, con più del 63% delle specie affette da inquinamento da plastica.

E poi c’è la balenottera comune, unico misticeto residente nel Mar Mediterraneo, classificato come in pericolo dalle liste rosse della Iucn, e che risulta essere in diminuzione rispetto agli ultimi 20 anni. Ad ogni 'boccone' la balenottera ingerisce fino a 7mila litri d’acqua iche contengono, oltre al krill, anche grandi quantità di macro e microplastica.

Un'area che andrebbe invece tutelata, perché il Mediterraneo è uno dei 25 'biodiversity hotspots' del mondo, ovvero una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali.

Ma il Mar Mediterraneo è purtroppo anche una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo a causa della sua struttura: un bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico, che accumula al suo interno un enorme quantitativo di rifiuti galleggianti e non. I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono l’aggrovigliamento (intrappolamento) e l’ingestione (a livello globale il 40% delle specie di uccelli marini ingerisce rifiuti di plastica, il 100% delle specie di tartarughe e il 50% di mammiferi).

Inquinamento ma non solo. Tra gli altri nemici della biodiversità c'è il sovrasfruttamento delle risorse naturali. Nel Mediterraneo il 96% degli stock ittici europei è sovrasfruttato. In particolare l’Adriatico, che da solo sostiene il 50% della produzione ittica italiana, insieme al Golfo di Gabes in Tunisia è l’area del Mediterraneo dove si pratica con più intensità la pesca a strascico, particolarmente distruttiva per gli ecosistemi di fondo. E poi, la diffusione delle specie aliene e invasive: secondo l’Ispra sono 42 le nuove specie ittiche nei mari italiani.

"Siamo ancora lontani dal centrare l’obiettivo principale dell'Ue di porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici entro il 2020 e ripristinarli nei limiti del possibile - dichiara Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità di Legambiente - Anzi, malgrado i miglioramenti ambientali avvenuti negli ultimi decenni e gli sforzi a livello nazionale e internazionale, stiamo continuando a danneggiare i sistemi naturali".

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