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Parchi: Amp Egadi e pescatori, insieme conviene a tutti

27 giugno 2018 | 10.59
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(Adnkronos)
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Il pianeta sta affrontando una crisi globale della pesca, con un terzo degli stock ittici mondiali sovra sfruttato e più della metà che ha raggiunto il livello massimo di prelievo. La soluzione? Potrebbe essere il ritorno alla semplicità: la pesca artigianale. Magari, attraverso un modello virtuoso che veda lavorare insieme pescatori e aree marine protette. Succede nell'Area Marina Protetta delle Isole Egadi (la più grande Amp d'Italia, quasi 54mila ettari), una delle 11 coinvolte dal progetto europeo FishMPABlue2 di cui Federparchi è capofila.

Qui, nella Amp Egadi, più di 120 imbarcazioni professionali vengono a pescare (di cui 40 circa locali) osservando sempre le più stringenti norme di tutela ambientale (dal rispetto delle aree di pesca al divieto di utilizzo di alcuni attrezzi come le reti considerate impattanti). Ma ai pescatori non dispiace: lo dimostra il fatto che alle Egadi il numero dei pescatori, negli ultimi anni, è rimasto invariato a fronte di uno scenario nazionale di crisi del settore.

E molti dei pescatori locali hanno diversificato la propria attività aprendosi ad esempio al pescaturismo. D'altra parte, "il progetto ha voluto rendere protagonisti i pescatori del loro territorio, facendone delle 'sentinelle' perché sono loro i nostri migliori alleati, nessuno conosce il mare come loro", spiega Pietro Laporta dell'Amp Egadi.

Cosa hanno fatto i pescatori per il loro mare? Nel 2017, nell'ambito del progetto FishMPABlue2, "hanno coniugato l'attività di pesca a quella di monitoraggio di specie protette, in particolare tursiopi, delfini e tartarughe, o di eventuali a emergenze di mare. Sono state coinvolte 31 imbarcazioni, ciascuna ha dedicato a queste attività sei uscite, da giugno a dicembre", aggiunge Ilaria Rinaudo dell'Amp Egadi.

"Le Aree Marine Protette costituiscono un prototipo per la pesca sostenibile. Ricordiamoci che i Parchi e le Aree Protette sono il punto avanzato di tutela dell’ambiente e della biodiversità e un'eccellenza del nostro Paese, anche per le esperienze di sviluppo eco-compatibile", osserva Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi.

Le schede di monitoraggio compilate a borgo dai pescatori saranno utili a fini gestionali dell'Amp, per monitorare la popolazione delle specie e tenere sotto controllo anche il fenomeno dell'interazione tra pescatori e delfini (rapporto non sempre idilliaco, perché spesso qui i delfini danneggiano le reti per 'rubare' i pesci) e cercare eventuali soluzioni.

L'attività continua ora, sempre con i pescatori, con le rilevazioni del pescato per vedere quali specie vengono pescate e in quali quantità nell'Amp e confrontare i dati con quelli del pescato fuori dall'area protetta.

Ma se le attività di pesca su piccola scala fanno bene all'ambiente e alla biodiversità, i pescatori cosa ci guadagnano? Secondo i dati del progetto, le quantità di pescato nelle aree pescabili di una Amp, in una giornata, possono essere fino 4-5 volte superiori a quelle esterne (le Amp sono solitamente composte da un'area di divieto assoluto e da una zona cuscinetto in cui sono consentite le attività di pesca su piccola scala).

Insomma, la pesca su piccola scala diventa il modello a cui guardare per risolvere la crisi della pesca, soprattutto nel Mediterraneo dove quella artigianale costituisce oltre l'80% della flotta peschereccia (fonte: FAO/GFCM), impiegando direttamente oltre 137.000 pescatori e generando posti di lavoro per altre 150.000 persone.

Una strada da percorrere visto che nel Mar Mediterraneo ben il 93% degli stock ittici risulta essere sovra sfruttato, alcuni sull'orlo dell'esaurimento. E ha perso il 41% dei suoi mammiferi marini e il 34% della popolazione ittica totale negli ultimi 50 anni. (Fonte: ec.europa.eu)

Il progetto FishMPABlue2 sta testando proprio approcci di co-gestione, rafforzando la cooperazione tra i gestori delle aree marine protette e i pescatori in 11 siti pilota in 6 paesi del bacino del Mediterraneo: Spagna, Francia, Italia, Slovenia, Croazia e Grecia.

Il progetto coinvolge università, una rete mediterranea di aree marine protette e istituzioni responsabili delle politiche a livello nazionale e internazionale.

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