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Squali a rischio nel Mediterraneo

11 ottobre 2018 | 18.48
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Squalo bianco (Wildlife Pictures -  Jarome Mallefet/Wwf)
Squalo bianco (Wildlife Pictures - Jarome Mallefet/Wwf)

Nell’immaginario collettivo, lo squalo rappresenta il pericolo per eccellenza, al punto che la parola viene usata oggi nel linguaggio comune con un’accezione negativa. Ma nel rapporto tra uomo e mare, il ruolo dello ‘squalo’ è tutto nostro ed è a causa nostra che oggi la specie rischia l'estinzione, soprattutto nel Mediterraneo. Oltre la metà delle 86 specie che popolano il Mare Nostrum, tra squali, razze e chimere, sono a rischio soprattutto perché catturate nelle reti a strascico o negli attrezzi da pesca utilizzati per la pesca al tonno o al pesce spada.

Si calcola che nel 2015 siano state pescate circa 14.065 tonnellate di squali e razze nel Mediterraneo. Il 10-15% dei pesci catturati dai palangari (lunghissime lenze con centinaia di ami) destinati al pesce spada e tonno sono purtroppo squali pelagici. Il Mediterraneo quindi si conferma come uno dei luoghi più pericolosi al mondo per squali e razze soprattutto per questo fenomeno di by-catch: la cattura accidentale con reti e palangari colpisce anche molte altre specie protette come tartarughe marine, delfini e balene e perfino uccelli marini.

Inoltre, se vengono sbarcati a terra dopo essere stati catturati, la carne di squalo (soprattutto verdesca e smeriglio) viene spesso spacciata per pesce spada sui banchi del mercato, costituendo un pericolo anche per la nostra sicurezza alimentare. L’allarme è stato lanciato oggi dal Wwf nell’ambito di Barcolana 2018, la regata velica che quest’anno compie mezzo secolo.

“Nell’immaginario collettivo, lo squalo rappresenta ’il pericolo’ per eccellenza - dichiara la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi -Quello che non tutti sanno, invece, è che essendo all’apice della catena alimentare la sua è una funzione chiave nel mantenimento degli equilibri dell’ecosistema marino". La drastica diminuzione di questi predatori induce infatti cambiamenti nella popolazione delle loro prede, cambiamenti che si trasmettono lungo la catena alimentare causando le cosiddette "cascate trofiche".

Uno studio condotto negli Stati Uniti ha rivelato che dal 1970 al 2005, sulla costa orientale del Paese si è verificato un rapido declino di 11 differenti specie di squalo, a cui è corrisposto l'aumento di 12 specie di predatori intermedi, un’esplosione che ha provocato l'eliminazione di una grande quantità di bivalvi, e il conseguente fallimento della florida industria basata sulla pesca della capasanta locale, Argopecten irradian.

Gli squali fanno anche bene all’economia di molte aree costiere, e non solo: il turismo basato sullo shark-watching è un’industria cresciuta rapidamente negli ultimi anni. Una ricerca svolta nelle 7 aree del mondo più interessate da questa attività (Bahamas, Isole Fiji, Palau, Maldive, Australia, Moorea nella Polinesia francese, Gansbaai nel Sud Africa), ha svelato che le comunità e i governi tendono a gestire in maniera più oculata e con un’attenzione alla tutela dell’habitat costiero e marino laddove vivono gli squali.

L’introito economico in queste aree ha delle cifre da capogiro, a partire dalle Bahamas, la ‘capitale’ del turismo ‘avvista-squali’, che beneficia di 113.8 milioni di dollari l’anno. La più piccola economia è in Sud-Africa e si attesta con 4,4 milioni di dollari all’anno.

Gli squali, insomma, 'fatturano' più da vivi. Nella regione di Palau, dove l’economia del turismo per le immersioni con gli squali genera l’8% del prodotto interno lordo con un fatturato annuo di 18 milioni di dollari l’anno, 100 squali pescati e commercializzati producono al massimo, una sola volta, un fatturato di 10.800 dollari.

Quest’anno, per la campagna GenerAzione Mare, parte da Trieste il progetto SafeSharks c he vedrà proprio in Adriatico il Wwf attivarsi a tutela degli squali in collaborazione con Coispa, Inca e Wwf Adria. Il progetto coinvolgerà enti museali e aree marine protette adriatiche, circa 100 pescatori del basso Adriatico e ricercatori. L'obiettivo è scoprire qual è la modalità migliore di rilascio degli squali in mare, una volta pescati accidentalmente, per aumentarne le probabilità di sopravvivenza.

Gli squali, prima di essere liberati in mare, verranno marcati con uno speciale sistema satellitare (Tag) in grado di trasmettere le informazioni sugli spostamenti e soprattutto il loro termine di sopravvivenza. Grazie al monitoraggio satellitare si potranno anche mettere in sicurezza le aree di nursery e spawning (crescita e riproduzione).

Le attività di marcatura satellitare partiranno nei prossimi mesi, la raccolta dei dati dipenderà dal numero dei Tag disponibili. Considerato il costo di ciascun apparecchio, circa 5.000 euro, il Wwf ha anche lanciato una raccolta fondi per sostenere il progetto che vuole salvare gli squali del Mediterraneo dall’estinzione.

Il progetto SafeSharks prevede anche l’installazione di Info-Point interattivi in alcuni musei scientifici e Aree Marine Protette lungo le coste adriatiche, a partire dal Biodiversitario Marino - BioMa, presso le Scuderie di Miramare a Trieste (Riserva gestita dal Wwf), il Museo di Zoologia Adriatica di Chioggia e la Riserva di Porto Cesareo in Puglia.

Il Wwf ha anche prodotto una speciale App gratuita (Arloopa) di realtà aumentata grazie alla quale si può scaricare un’immagine tridimensionale di squalo bianco: per i visitatori degli Info-point basterà avere uno smartphone con cui scaricare il codice QR sul poster speciale installato nei Musei partners di SafeSharks. Con l’immagine in 3D dello squalo ciascuno potrà poi fare una foto ovunque si trovi e condividerla con i propri amici con #safesharks.

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