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Dai solari al parcheggio selvaggio, se la vacanza minaccia ambiente

19 luglio 2014 | 10.58
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I comportamenti da evitare per tutelare mare, spiagge ed ecosistemi

Dai solari al parcheggio selvaggio, se la vacanza minaccia ambiente

Una sigaretta buttata in mare può uccidere microorganismi fondamentali (tra i quali Daphnia magna, un piccolo crostaceo alla base della catena alimentare acquatica); parcheggiare l'auto sulla sabbia mette a rischio il fragile sistema dunale; ma anche un gesto abituale come quello di spalmarsi la crema solare può rivelarsi pericoloso per l'ambiente, se poi si fa il bagno.

Ci sono comportamenti, a volte inconsapevoli e altre volte frutto di cattive abitudini, a cui è necessario prestare attenzione per non compromettere l'ambiente che ci circonda. Partiamo dalle sigarette: le fibre di acetato di cellulosa, di cui è composto il filtro, una volta immesse nell'ambiente, non scompaiono ma vengono semplicemente frantumate. In questo modo, mette in guardia l'Enea, si accumulano nel suolo e nelle acque superficiali e marine.

II danno ambientale, viene aggravato dalle 4.000 sostanze chimiche che il filtro ha assorbito durante la combustione della sigaretta. No, quindi, a cicche lasciate in spiaggia o buttate in mare, laghi e fiumi.

Per tutelare la qualità delle acque, meglio scegliere creme solari contenenti filtri a base di minerali, come l'ossido di zinco. I filtri solari chimici possono contenere ingredienti dannosi per pesci, molluschi e coralli una volta disciolti in acqua: al momento dell'acquisto si può però optare tra tanti prodotti che hanno un'elevata compatibilità con l'ambiente marino.

Attenzione anche all'utilizzo di shampoo e bagnoschiuma quando si fa la doccia in spiaggia o in barca, perché alcune sostanze contenute in questi prodotti possono inquinare il mare. Anche in questo caso si può scegliere tra un'ampia gamma di prodotti naturali. E a proposito di barche, il Coou (Consorzio obbligatorio degli oli usati) ricorda che un motore piccolo da 25 cavalli può contenere 4 kg di olio usato che, se buttato in mare, riveste una superficie di 5mila mq impedendo l'ossigenazione dell'acqua.

A questo si deve aggiungere che l'olio lubrificante usato è scarsamente biodegradabile. Un rifiuto pericoloso, dunque, che va raccolto e smaltito correttamente (anche se in Italia, solo 30 porti turistici su 300 sono dotati di apposita isola ecologica).

Restando in tema di rifiuti: una cannuccia impiega dai 20 ai 30 anni a decomporsi, un fazzoletto di carta 3 mesi, una bottiglia di vetro non si degrada mai completamente. Quindi l'imperativo è: niente rifiuti incustoditi. Le buste di plastica che finiscono in mare rappresentano una grave minaccia per molti animali, dai delfini alle balenottere, che le scambiano per meduse e, ingerendole, rischiano il soffocamento.

E a proposito di animali, tanti quelli che si possono incontrare durante le vacanze al mare, in montagna, in campagna: il Wwf ricorda che, fortunatamente, hanno strategie di adattamento formidabili per trovare il cibo, quindi se vogliamo osservarli non c'è bisogno di offrire loro da mangiare, ma basta rimanere fermi e in completo silenzio e avere un po' di pazienza.

L'associazione del panda consiglia di evitare assolutamente di avvicinarli: non tutti gli animali si comportano nello stesso modo, ognuno ha una sua personalità, proprio come le persone. Alcuni possono essere tranquilli, altri invece reagire con un morso. La regola vale per i piccoli animali come per i grandi: distanza di sicurezza, silenzio, evitare il disturbo anche sonoro.

Sulle coste caratterizzate da sistemi dunali, non è raro vedere automobili parcheggiate sulle collinette di spiaggia. Un brutto vizio che oltre a rovinare il paesaggio minaccia un sistema fragile: tra il 1985 e il 1997, secondo l'Atlante delle spiagge italiane del Cnr, i sistemi dunali italiani erano presenti su 700 km, di cui solo il 50%, cioè 350 km, allo stato naturale.

Nel 2009, secondo l'Ispra-Catap in Italia restano solo 330 km di dune ancora 'selvagge'. In un secolo le dune costiere hanno perso l'80% della loro superficie iniziale: da 35-45 mila ettari a 7-9 mila. Colpa soprattutto della pressione turistica e dell'erosione costiera che ha reso le dune, insieme alle zone umide, i sistemi geomorfologici ed ecologici più minacciati d'Europa.

A rilevarlo è anche uno studio dell'Unesco che ha stimato che i tre quarti delle dune mediterranee sono state distrutte nell'ultimo secolo. In particolare le 'dune attive' (quelle in stato ambinetale ottimale) sono appena il 20% dell'intero sistema: il resto è edificato o occupato da manufatti o attività umane: dal Circeo al Cilento, dalla Puglia al Molise alla Sardegna.

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