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Moda: Greenpeace, marchi sempre più attenti a sostanze nocive/Focus

16 gennaio 2015 | 13.17
LETTURA: 3 minuti

Chiara Campione: "Le cose stanno cambiando, molti brand hanno scelto di aderire a 'Detox' mettendo on line periodiche analisi trasparenti sui loro prodotti"

Moda: Greenpeace, marchi sempre più attenti a sostanze nocive/Focus

Valentino, Benetton, Burberry, Zara, H&M, Mango, Levi’s, G-Star, C&A, Puma, Coop, Esprit, Inditex, Limited Brands, Marks & Spencer, e adesso sei delle più importanti aziende tessili italiane (Miroglio, Berbrand, Italdenim, Besani, Tessitura Attilio Imperiali e Zip), quasi tutte fornitrici dei marchi del lusso internazionale si sono impegnate a eliminare le sostanze chimiche pericolose dalle proprie filiere.

E' il risultato della campagna Detox di Greenpeace che si batte dal 2011 per la messa al bando, nel mercato tessile, di sostanze chimiche pericolose per l'ambiente che, finendo nella catena alimentare o restando sui capi d'abbigliamento, diventano pericolose anche per la salute umana.

"La rivoluzione Detox è iniziata, le cose stanno cambiando - assicura Chiara Campione, responsabile della campagna - molti marchi importanti hanno aderito impegnandosi a mettere on line analisi periodiche e verificabili sui loro prodotti. Non solo. Dopo i nostri rapporti che denunciavano la presenza di sostanze chimiche pericolose nei tessuti di diverse case - racconta Campione - tante sono state le griffe che senza neppure darne annuncio, chiamavano i loro fornitori di tessuti chiedendo di seguire il prontuario Greenpeace perché non volevano rischiare di finire nel nostro prossimo rapporto".

Del resto il pressing fatto da Greenpeace nasce da dati scientifici dopo una serie di analisi condotte sui tessuti di abiti d'alta moda, prêt-à-porter o sportswear dove è stata rilevata la presenza di sostanze chimiche pericolose.

Tra le sostanze indicate da Greenpeace ci sono i composti perfluorurati, sostanze artificiali dalle proprietà antiaderenti e idrorepellenti usati in campo tessile, per capi impermeabili e antimacchia che possono avere effetti dannosi soprattutto a carico del fegato, della tiroide e, in qualità di interferenti endocrini, della fertilità; i nonilfenoli etossilati, usati dall’industria tessile nei processi di lavaggio e tintura che si rivelano tossici per i reni e agiscono anche come interferenti endocrini, perché si comportano come gli estrogeni.

Gli ftalati come il Dehp, usati per rendere più flessibile la plastica, nell’industria tessile si impiegano nella pelle artificiale, nella gomma, nelle stampe colorate che sono interferenti endocrini che alterano la produzione degli ormoni sessuali (testosterone ed estrogeni), diminuendo la fertilità, ma anche il metabolismo dei grassi nel fegato, con possibile predisposizione alla sindrome metabolica (diabete e obesità).

Tutte queste sostanze, spesso al bando in Europa o sottoposte a vincoli stringenti, vengono utilizzate nei distretti dell'Asia dove vengono confezionate le materie prime per molte case di moda.

"Per questo - spiega l'esperta di Greenpeace - ci si può mettere al riparo comprando prodotti che in etichetta indichino che il prodotto è stato realizzato al 100% in Italia".

Assolutamente sconsigliato poi comprare abiti sulle bancarelle: "Lì abbiamo riscontrato nelle analisi dei tassi altissimi di componenti tossiche. Certe merci non dovrebbero proprio entrare in Italia", afferma Campione che comunque suggerisce di lavare a prescindere ogni capo nuovo almeno due volte prima di indossarlo.

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