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Alimenti: Ghiselli, c'erano una volta cibo povero e bimbi magri/Focus

30 gennaio 2015 | 13.25
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Ghiselli: "Si avevano a disposizione molti meno alimenti, da allora c'è stato un aumento esponenziale del consumo di carne e di zuccheri".

Alimenti: Ghiselli, c'erano una volta cibo povero e bimbi magri/Focus

Zuppa di latte col pane raffermo. Era questa la colazione di milioni di bambini nell'Italia degli anni Cinquanta che prima di uscire di casa, in pieno inverno con i calzoni corti o le gonnelline a pieghe e i calzini alla caviglia, ricevevano dalla mamma un pezzetto di pane e qualcosa da mettere in cartella. Fruttino, frittata o cioccolata, tutto andava bene per la merenda da fare a scuola. E a pranzo e cena si alternavano pasta fresca, minestre, legumi, verdure, formaggio, pesce. Carne poca e solo ogni tanto. (FOTO)

"Il modo di mangiare dal dopoguerra a oggi - dice all'Adnkronos Andrea Ghiselli, dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran) - è cambiato in meglio e in peggio. Una volta si avevano a disposizione molti meno alimenti, perché tutto era legato al territorio, alla stagionalità, ai tempi della natura. Basti pensare che non esistevano i surgelati, i processi di liofilizzazione, gli allevamenti intensivi. E anche lo spostamento delle merci e le importazioni erano ridotte al minimo. Il progresso ha invece consentito un aumento di varietà di cibo a dismisura".

"Ciononostante - sottolinea Ghiselli - oggi spesso facciamo una dieta meno variata di un tempo perché è cambiata l'organizzazione sociale. Dalle nonne e mamme in cucina che pulivano le verdure, facevano spesso la pasta e il pane in casa e avevano il tempo di combinare i cibi, preparando e tramandando ricette, si è passati al lavoro e ai pasti fuori casa, alla ripetitività dei piatti veloci da preparare e ad un aumento esponenziale del consumo di carne e di zuccheri semplici".

Ma se è vero che grazie a quella dieta erano tutti più magri e c'era una minore incidenza di malattie cardiovascolari e di casi di cancro, è vero pure che si avevano malattie dovute a carenze alimentari "e comunque si campava di meno. Questo qualcosa vuol dire, è evidente che stiamo generalmente meglio oggi", afferma il ricercatore.

Negli anni Sessanta il consumo di zuccheri era nell'ordine di qualche grammo al giorno a persona, oggi si parla invece di decine di grammi al giorno per persona ed ecco che, stando ai dati dell'Osservatorio del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università Bicocca di Milano, oggi un bambino su quattro è in sovrappeso e uno su 10 obeso.

"Le merende in casa erano fatte di pane e pomodoro, uovo sbattuto, pane e olio. Certo - ricorda Ghiselli - la marmellata c'era anche cinquant'anni fa, ma bisogna considerare che si preparava una volta all'anno, perché quel tipo di frutta finiva presto e quindi, una volta terminata non ne avremmo avuta altra a disposizione. Ma se una volta era ridotto il consumo degli zuccheri semplici, in compenso - aggiunge l'esperto - il 65% delle energie derivava dai cereali (zuccheri complessi). Oggi noi limitiamo nella nostra alimentazione l'assunzione di pane e pasta senza capire che non sono quelli i responsabili del nostro sovrappeso".

A incidere sui chili di troppo è lo scarso movimento. "Per quanto riguarda gli adulti - sottolinea Ghiselli - nel dopoguerra alle calorie assunte con il cibo, dovevamo sottrarre quelle spese nella fatica di produrlo questo cibo. Non dimentichiamoci che veniamo da una civiltà rurale in cui, fatte salve le città dove comunque la vita imponeva sforzi fisici che oggi non facciamo più, l'autoproduzione era il principale sostentamento familiare".

Per quanto riguarda invece bambini e ragazzi, "oggi manca la prolungata attività fisica ludica di cui hanno goduto quelli della mia generazione. Quando ero piccolo io c'erano le piazzette, i cortili, gli oratori, dove si giocava a pallone, a corda, a campana. E farci smettere di giocare per rientrare a casa era per i nostri genitori un compito davvero arduo. Oggi - nota Ghiselli - questi spazi non ci sono più, tutto è diventato più pericoloso e così succede che i giovani passino sempre più tempo in casa, su un divano davanti alla tv. E in dispensa un bendidio di tentazioni sempre buone per alleviare la noia".

Poco contano secondo lo studioso le ore di sport 'organizzate' fatte praticare ai ragazzi "perché - spiega - se consideriamo il tempo effettivo si arriva grasso che cola a tre ore a settimana di attività fisica mentre il movimento dato dalle attività ludiche era continuo e quotidiano e al cibo ci si pensava solo quando si aveva fame".

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