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Mobilità: Clini, traffico e inquinamento spingono verso nuovo modello/ Focus

29 luglio 2016 | 14.15
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(Fotolia)
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I costi della congestione e dell'inquinamento atmosferico stanno spingendo verso un nuovo modello di mobilità urbana: più flessibile, efficiente e a zero emissioni. A tracciare un quadro all'Adnkronos di quella che è la sfida per governi e industria dell'auto, è l'ex ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. (Lo speciale)

Congestione Urbana. Se a Pechino il costo annuale della congestione è di almeno 11,3 miliardi di dollari e in Usa è di 13 miliardi di dollari, "in Italia - afferma Clini - secondo uno studio di Confcommercio, nel 2015 il costo è di 11 miliardi all’anno. Ma forse il dato è sottostimato perché 5 città italiane sono tra le prime 100 città più congestionate del pianeta: Roma è al 13esimo posto, poi Milano, Napoli, Palermo e Catania".

Le prospettive, poi, "non sono incoraggianti". Sulla base del trend attuale, e tenendo conto sia della crescita delle economie emergenti sia dell’aumento della popolazione, secondo Clini, "la congestione sarà la condizione 'strutturale' delle aree metropolitane nel prossimo futuro". I dati disponibili indicano che "attualmente la popolazione delle aree urbane cresce ogni settimana di 1,5 milioni di abitanti, di cui il 30% in Cina e India. Nel 2025 ci saranno 40 città con oltre 10 milioni di abitanti, prevalentemente in Asia e Africa".

E neppure le prospettive in Italia sono rosee. Secondo uno studio del Censis, sottolinea l'ex ministro, "nei prossimi 15 anni all’aumento del numero dei pendolari dagli attuali 29 milioni a quasi 31 corrisponderà una crescita dell’uso dell’auto privata ( già impiegata nel 70% degli spostamenti casa-lavoro”) da 17,5 milioni a 19 milioni di veicoli". All'origine di questa previsione, "l’assenza di alternative in grado di assicurare servizi efficienti di mobilità".

C'è poi l'inquinamento atmosferico, "l'altra faccia della medaglia della congestione urbana". Nel 2025, spiega Clini, "la crescita dei consumi di carburante nel traffico urbano avrà come effetto diretto un aumento sia delle emissioni di Co2 (+ 30% rispetto al 2005), sia di polveri sottili e ossidi di azoto con il superamento frequente dei limiti per la protezione salute indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità".

Senza interventi e stando alle previsioni, "al 2050 circoleranno più di 3 miliardi di veicoli, con il raddoppio dei consumi energetici ed un ulteriore aumento delle emissioni". Ma il 2025 "è dietro l'angolo, e il tempo per agire è molto breve".

Un'efficace risposta al traffico e all'inquinamento potrebbe arrivare dalla sharing economy per un futuro della mobilità flessibile, efficiente e a impatto zero. Tre i punti di forza della nuova mobilità nella “urban sharing economy”.

In primo luogo, spiega Clini, "l’offerta di mobilità deve essere adeguata a rispondere ad una domanda flessibile. Le piattaforme gestionali per offrire in tempo reale le opzioni più efficienti di itinerari e tempi sono l’infrastruttura necessaria per la nuova mobilità urbana. E in particolare diventano lo strumento chiave per il sistema di car sharing senza guidatore".

Il secondo criterio riguarda l'efficienza. "Se si considerano i tempi effettivi di uso e i tempi/costi di parcheggio, il veicolo privato circolante nello spazio urbano è un limite all’efficienza del trasporto".

Ma il disincentivo all’uso del veicolo privato, secondo Clini, "può essere efficace se accanto a misure restrittive (come ad esempio una 'robusta' congestion charge) vengono resi disponibili servizi alternativi integrando car sharing (o bike sharing) con il trasporto pubblico. La tendenza 'naturale' verso il car sharing è un indicatore della fattibilità e redditività di questa opzione".

Infine, "l’offerta della mobilità alternativa in sharing dovrà privilegiare veicoli a emissioni zero e possibilmente senza guidatore. I grandi gruppi della nuova economia da Google ad Apple, il più grande costruttore mondiale di auto, le molte e nuove iniziative di impresa della sharing economy, sono già 'sul pezzo'. La palla adesso passe alle autorità pubbliche, dai governi alle metropoli, che, conclude Clini, "devono scegliere se ancorarsi al passato (come nel caso di Uber) o diventare motore della rigenerazione urbana".

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