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Alimenti: dall'olio in gelatina all'estrazione con microonde, al via Biol

17 marzo 2017 | 12.39
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Dall’olio extravergine in forma di gelatina alla sua estrazione attraverso microonde e ultrasuoni, dalle sperimentazioni fra il nutrizionale e il farmaceutico ai nuovi trattamenti naturali delle olive da tavola. Si chiama Biolinnova e raccoglie le ultime frontiere della ricerca in olivicoltura bio condotte da Università ed Enti. Questa la novità del XXII Premio Biol, il concorso internazionale degli oli biologici che apre i battenti domani a Ostuni.

Cinque i progetti selezionati: cinque best practices italiane, condotte in Puglia dall’Ateneo di Foggia, in Calabria da Arsac, in Basilicata da Agrobios e in Sardegna da Agris, con due ricerche, incentrate su oli e olivicoltura sperimentali, fra innovazioni di prodotto e di filiera, uniti dal filo rosso della sostenibilità ambientale.

Il sipario sulla tre giorni del Biol, 18-20 marzo, si aprirà anche all’insegna della Xylella, declinata in chiave bio, con la tavola rotonda 'La difesa dell’olivo biologico e la Xylella'. Prima però il taglio del nastro, alle 10.30 nella Cittadella Biol allestita nell’ex macello comunale (Centro Polifunzionale Gal Alto Salento).

In base al rapporto annuale Sinab 2016, se gli operatori biologici italiani sono 60mila, quelli pugliesi sono 6.685 (+1,3%), il 70% dei quali opera nel settore olivicolo. Dei 179.886 ettari di oliveti biologici in Italia, 52.698 si estendono in Puglia: ovvero il 30% dell’olivicoltura bio nazionale (e il 14% dell’intera olivicoltura pugliese, pari a 380mila ettari). Di fatto, la Puglia si conferma seconda regione olivicola bio in Italia (dopo la Calabria, con 57.665 ha).

In generale, la Puglia ha il 14% della superficie agricola regionale coltivata secondo il metodo di produzione biologica (pari a 177mila ettari, dato inferiore solo alla Sicilia). La superficie bio-olivicola regionale produce - secondo le stime Biol - 20mila tonnellate di olio biologico, per 80 milioni di euro in valore commerciale: circa 20 milioni in più rispetto a quanto ricaverebbero gli operatori se non lavorassero in regime biologico, ma convenzionale.

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