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Ambiente: ecosistemi al collasso, gli organismi lo prevedono e si spostano

09 maggio 2017 | 14.00
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Ambiente: ecosistemi al collasso, gli organismi lo prevedono e si spostano

Cambiamenti nella distribuzione degli organismi nello spazio possono rivelare quando un ecosistema è sull’orlo del collasso. È questa la principale conclusione di uno studio condotto da un’équipe di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (Mit) pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution.

Graduali cambiamenti nelle condizioni ambientali, come l’aumento della temperatura, il sovrasfruttamento delle risorse e la perdita di habitat, possono portare gli ecosistemi sull’orlo del collasso che, però, può essere annunciato ad esempio dalla diffusione di una specie in un habitat dove non si dovrebbe trovare; maggiore è il grado di propagazione, maggiore è la vicinanza del sistema alla soglia critica che lo separa dal collasso.

I ricercatori dell’ateneo pisano, insieme ad alcuni colleghi del dipartimento di Fisica del Mit, hanno presentato il primo test sperimentale in natura di questa teoria, utilizzando le foreste ‘in miniatura’ di macroalghe dell’Isola di Capraia dell’Arcipelago Toscano come sistema di studio.

Lo studio ha mostrato come lo sfoltimento graduale della foresta, imposto sperimentalmente dai ricercatori, apre la strada all’invasione da parte di ‘feltri’ algali, specie di piccole dimensioni generalmente assenti quando la foresta è intatta. Degradando poi gradualmente le foreste di alghe, queste diventano gradualmente suscettibili alle perturbazioni (invasione da parte dei ‘feltri’); il grado di propagazione di una perturbazione nello spazio aumenta con l’avvicinarsi del sistema alla soglia critica di collasso della foresta.

Il punto di non ritorno, stimato in un precedente esperimento, coincide con la perdita di circa il 75% dello strato arborescente della foresta.

“Questo studio estende il test degli indicatori precoci spaziali dal laboratorio al campo – ha spiegato Luca Rindi dell’Ateneo pisano – Studi precedenti sugli indicatori precoci sono stati condotti in condizioni controllate non permettendone l’utilizzo per ciò per cui sono stati pensati; prevedere transizioni critiche in sistemi reali. Inoltre, il recente aumento della disponibilità di dati satellitari apre nuove possibilità per applicare gli indicatori spaziali al fine di valutare lo stato di salute degli ecosistemi naturali e ottenere importanti informazioni per la gestione e salvaguardia degli ecosistemi minacciati”.

I ricercatori hanno lavorato insieme nell’ambito del Mit-Unipi Project, l’iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell’Ateneo pisano e del Mit di Boston.

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