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Soumahoro, don Pupilla: "Avvisai Fratoianni di rischio autogol"

23 novembre 2022 | 17.38
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"Amareggiato per inchiesta, ci accusava di lucrare: era un incendiario, nel ghetto Torre Antonacci tensioni anche a casa sua"

Soumahoro, don Pupilla:

"Siamo stati accusati da Soumahoro, la nostra e altre organizzazioni, sindacati, associazioni, ecc., di lucrare nei campi dei migranti. Sentire questi attacchi e sapere poi dell'inchiesta sulle cooperative gestite dalla moglie e dalla suocera mi ha amareggiato. Il suo atteggiamento è stato per lo meno incoerente". Lo dice all'Adnkronos don Andrea Pupilla, responsabile della Caritas di San Severo, in relazione soprattutto alla situazione di 'Torretta Antonacci', uno dei ghetti di migranti nella provincia di Foggia, a proposito dell'attività politica e sindacale in Puglia di Aboubakar Soumahoro, leader della Lega dei braccianti, eletto deputato a settembre nella lista Verdi-Sinistra.

Negli ultimi giorni è al centro di polemiche a causa di una inchiesta della Procura di Latina sulla gestione di due cooperative a favore dei migranti gestiti dalla moglie e dalla suocera. Un'area, quella di Torre Antonacci "dove, specie negli ultimi tempi si respira grande tensione e dove non è facile lavorare, anche grazie a lui", aggiunge con amarezza. Un clima di nervosismo maggiore, ad esempio, rispetto allo storico ghetto di Borgo Mezzanone, zona che ricade invece nella diocesi di Manfredonia e più vicina a Foggia, perché a Torretta Antonacci "ci sono dei gruppi che vogliono esercitare un potere e si ergono a portavoce degli altri”, specifica.

"L'attività di Soumahoro nei campi del foggiano, solo virtuale e tesa ad accendere fuochi, non l'abbiamo denunciata ora", prosegue don Andrea. "Quando è stato candidato, ho scritto personalmente all'onorevole Fratoianni in privato, dicendogli che stavano facendo un autogol ma naturalmente non mi ha risposto: evidentemente ha prevalso il racconto virtuale del leader di una nuova sinistra. Nel virtuale molte cose sono costruite e artefatte ma poi la realtà è diversa. Noi nella realtà ci siamo da tempo, nel virtuale non ci rifugiamo".

Soumahoro avrebbe dovuto "collaborare e mediare con le altre organizzazioni e con gli altri sindacati - spiega don Pupilla - perché le condizioni dei campi sono talmente complicate, fango e pioggia d'inverno, caldo asfissiante e aria irrespirabile per i rifiuti d'estate, e il tema è talmente complesso che mi chiedo: ‘dove vai da solo?’ Già è oggettivamente difficile entrare in un ghetto - prosegue il sacerdote -perché significa entrare in una situazione di enorme degrado. Noi però andiamo, con spirito cristiano, dove ci sono le persone per portare conforto e cercare di tirarle fuori da quella situazione. Il ghetto di Torretta Antonacci è una realtà a pochi chilometri da qui, nel territorio della mia diocesi e non possiamo far finta che non esista”, continua.

“Da 15 anni lavoro in Caritas e mi sono fatto sempre carico con i miei volontari della realtà dei migranti. Nonostante minacce e ostacoli andiamo lì per attività principalmente di ascolto, cerchiamo di stabilire una relazione anche di natura informale, passiamo tra le baracche e nei bar, cerchiamo di stabilire un rapporto di fiducia. Ma è estremamente faticoso: queste persone purtroppo sono sfruttate, in qualsiasi relazione vengono ‘fregate’ e non è facile catturare la loro fiducia. A un certo punto come ‘gancio’ ci siamo inventati per esempio un corso di italiano all'aperto, portavamo i tavoli da casa".

"In una situazione del genere – evidenzia don Andrea - trovarsi un blocco di persone che ti gridano ‘Libertà, andate via’ e che ti cacciano mentre stai andando a svolgere l'attività, non è stato confortante. Non abbiamo nessun tornaconto ma siamo stati accusati di lucrare. Certo facciamo dei progetti, sia con la Caritas che con altre istituzioni, che hanno dei costi ma nessuno di noi si è arricchito. Non abbiamo ville e cose del genere".  "Soumahoro non ha accusato noi direttamente di aver lucrato - precisa - ma lo hanno fatto persone che facevano capo a lui e che poi si sono dissociate, iniziando percorsi autonomi, e con le quali ci siamo scontrati qualche volta e poi riappacificati. Stare dietro a tutte queste cose distoglie dalle attività, quando già è difficile seguire persone che hanno dei bisogni e delle necessità”.

Il sindacalista, poi diventato deputato, che in passato aveva fatto parte dell’Usb, e poi fondato la Lega dei braccianti, secondo don Pupilla, avrebbe agito in maniera del tutto autonoma, attaccando e accusando in modo pesante le altre organizzazioni. “Pur muovendosi in maniera isolata come uomo solo al comando, voleva avere un seguito soprattutto con l'attività virtuale - spiega don Pupilla - ma chi sta là aveva subito soppesato il personaggio. Soumahoro più volte si è scagliato contro le altre organizzazioni”.

A Torretta Antonacci (e anche a Borgo Mezzanone e negli altri campi) “non ci siamo solo noi della Caritas: ci sono altri sindacati che tutelano i diritti dei lavoratori, o meglio cercano di farlo perché affrontare il sistema del caporalato è molto complesso. Ma lì sono attive anche associazioni di Foggia e organizzazioni sanitarie che vanno con il camper per curare le persone e che invece sono state cacciate e aggredite da personaggi del genere. Questa è una battaglia che dobbiamo combattere uniti comprese le istituzioni. Queste ultime, ne sono testimone in questi 15 anni, hanno fatto tanti tentativi, la maggior parte fallimentari perché nessuno ha la soluzione in tasca. Il sistema dello sfruttamento non è solo lavorativo, ci sono i temi dell'alloggio, del trasporto, dell'incrocio tra domanda e offerta di lavoro, è talmente intrecciato che richiede una risposta altrettanto complessa”.

Quindi si può sperare in una soluzione solo se si mettono "insieme istituzioni, associazioni e persone che lì ci vivono. Invece abbiamo assistito all'arrivo di personaggi come Soumahoro, ma ce ne sono anche altri - sottolinea il sacerdote - che ogni tanto vengono da fuori e accendono fuochi quando invece ci sono persone che nel fango ci stanno ogni giorno e lui non mi sembra che fosse presente in modo continuo. E soprattutto c'è un territorio che certo ha mille problemi e che nessuno nega come la quarta mafia, la criminalità, gli omicidi, lo sfruttamento, il caporalato ma è anche un territorio generoso e che si fa carico delle difficoltà dei migranti. Le nostre organizzazioni non stanno lì per cercare visibilità, siamo nati qui. Non abbiamo bisogno dei Soumahoro di turno o di chiunque altro che venga da fuori oppure ben vengano ma questi problemi si affrontano insieme e uniti".

 Quanto all’inchiesta “non entro nel lato giudiziario -– precisa - perché non ho gli elementi per farlo e non mi interessa nemmeno... ma ci sono dei video dove Soumahoro, da abile comunicatore, urla contro il business della solidarietà. Pensiamo che viviamo in un tempo in cui a mio avviso già molti colpevolizzano chi fa il bene, penso a tutto il tema delle Organizzazioni non governative e i soccorsi in mare, o in cui si colpevolizzano i poveri, pensiamo al tema del reddito di cittadinanza. Non sono un tifoso del reddito di cittadinanza ma quel dibattito spinge a colpevolizzare anche la povertà e i poveri e chi li assiste. In un periodo del genere chi si erge a paladino dei diritti dei poveri e degli sfruttati non può accusare di fare business chi come noi sta nel fango e nella melma”, afferma don Andrea.

“Poi sapere che in casa sua aveva quelle situazioni di gestione dell'accoglienza fa male. In questi 15 anni, per scelta nostra pastorale, come Caritas abbiamo avuto tante occasioni ma abbiamo deciso di non entrare a gestire uno Sprar o nel campo dell'accoglienza. Non ci compete, ci compete invece farci carico con le forze limitate dei fondi del tanto bistrattato 8 per mille svolgere tutte le attività caritative in piena libertà e senza condizionamenti”.

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